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Bibliografia 255

che Ildeprando quale collega al padre nel trono, aveva soltanto un potere nominale ed onorario, la quale cosa non è stata mai negata da alcuno, pure sarebbe strano che Paolo Diacono nel breve ricordo del fatto di Ravenna non lo avesse designato oltre che per la sua condizione naturale e costante di nipote del re1, anche

    e che sarebbe stato interrotto per due ragioni; prima di tutto, perchè dopo quell’anno vi fu una breve sosta nella guerra di Liutprando contro i Greci; in secondo luogo perchè Paolo Diacono volle narrare altri fatti della storia interna ed esteriore del regno longobardo.

  1. Il Pinton crede che questa sia una sottigliezza, perchè Ildeprando non cessava, anche levato al trono, di essere il nepote del re e di ubbidirgli, anziché dominarlo. A parte il fatto che nessuno ha negato l’inferiorità reale del monarca assunto quale collega, rispetto all’altro, a me pare ragionevole che i personaggi quando vengono ricordati per la prima volta sieno indicati col titolo della loro dignità maggiore, onde sono rivestiti nell’epoca alla quale il ricordo si riferisce. Recentemente anche il Gundlach nella sua bella memoria Ueber die vermeintliche Unechtheit einiger Stücke der Epistolae Langobardicae collectae, des zweiten Anhangs im III Epistolae- Bande der Monumenta Germaniae historica (Neues Arehiv der Gesellschaft für altere deutsche Geschictskunde, 1893, VIII, 653 sg.) ha accettato il giudizio del Duchesne circa il terminus ad quem nella data della lettera, vale a dire ha ammesso che non Si può discendere oltre il maggio-ottobre 735 per la frase di Paolo Diacono regis nepus. Il Gundlach discorda dal Duchesne rispetto al terminus a quo che a suo avviso non sarebbe il 731, ma il 726. È noto che il Duchesne non ammise una conquista longobarda di Ravenna sotto Gregorio II, perchè il biografo contemporaneo di quel papa mentre narrò con precisione le conquiste di Liutprando nell’Esarcato e nella Pentapoli, non ricordò affatto la presa della capitale; laonde il Duchesne la pose sotto il pontificato di Gregorio III, e giustificò il silenzio del biografo di questo pontefice notando ch’egli non trattò delle conquiste dei Longobardi. Il Gundlach giudica poco adatta a risolvere la controversia l’argomentazione dal silenzio del Liber pontificalis la quale una volta mena a dimostrare che un fatto non è accaduto e un’altra volta ad una conseguenza opposta. A mio avviso l’osservazione del dotto autore sarebbe molto grave se le due biografie fossero state composte con analoghi criteri. Per quanto breve si voglia ammettere il tempo in cui i Longobardi occuparono Ravenna sotto Ildeprando e Peredeo, il fatto aveva tale importanza militare e politica che non poteva sfuggire a uno scrittore del tempo. £ tanto più difficilmente quell’impresa poteva essere dimenticata dal biografo di Gregorio II che ritraeva le idee e i sentimenti della curia apostolica la quale così si sarebbe preoccupata per quella conquista da suscitare contro i Longobardi le armi del comune veneziano. E poi non sarebbe strano che quello stesso scrittore il quale ricordò con la presa di Classe un altro assedio di Ravenna, ne avesse poi omesso la conquista? Per tutte queste ragioni l’argomentazione del Duchesne a me sembra valida. Naturalmente se l’impresa non avvenne sotto Gregorio II, deve essere accaduta sotto il suo omonimo successore. Ma il biografo di questo pontefice non d’altro si curò che di descriverne il carattere (cap. I), e di narrare l’elezione di lui al papato (cap. I), le tratutive con Bisanzio per le immagini (capp. II, III, IV) e soprattutto l’opera del pontefice circa le costruzioni nei templi e le donazioni ai medesimi (capp. V-XIV) e alcuni suoi provvedimenti relativi al culto (cap. XVII): solo per eccezione ricordò (cap. XV) il ristauro delle mura di Roma e di Civiuvecchia (cap. XVI) e la fine delle lunghe contese tra il ducato romano e Trasimondo duca di Spoleto per il possesso di Castel-Gallese (cap. XV). Ora quale meraviglia che un biografo il quale non ha fatto parola dei molti avvenimenti politici che per opera dei Longobardi sotto Gregorio III accaddero in Roma stessa e vengono atte-