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La lega cristiana nel 1572 359

altri»1, fingevano d’ignorare che una bella e ricca isola, la più preziosa gemma della corona di Venezia, era caduta in potere del nemico, e che Ulugh-Alì con più di cento galere si apprestava a correre il mare2.

Già si stava per rompere ogni cosa, dopo ben sessanta giorni di discussioni, durante le quali si proruppe in invettive acerbe da una parte e dall’altra e si mille altre questioni; quando finalmente i Veneziani proposero e gli Spagnoli accettarono che la questione fosse sottoposta all’arbitrato del pontefice.

Nè deve parere strano che il Requesens e lo Zuniga, che tanto ben conoscevano le intenzioni di Pio V, si rimettessero al giudizio di lui; chè questo era un mezzo assai abile per ritirare la loro proposta senza confessarsi in errore. Poichė, fatti certi che i Veneziani non avrebbero mai accettate le loro condizioni e che piuttosto avrebbero rotto la lega (la quale non conveniva alla Spagna che si rompesse, perchè ne traeva vantaggio) ed avrebbero a qualunque costo fatta la pace con Selim, abbandonarono per il momento l’idea di far l’impresa d’Africa e vollero conciliarsi il favore del pontefice, mostrandosi disposti ad innanzi posero accettare il suo arbitrato.

E la sentenza fu quale poteva aspettarsi, poichè Pio V, come scriveva il duca d’Alba, sperava, nientemeno, di poter conquistare Costantinopoli e di scacciare i Turchi dal-

  1. Sereno, op. cit.
  2. Si noti che lo stesso don Giovanni, pur non osando contraddire alla volontà del fratello, si mostra assai dubbioso intorno all’opportunità ed alla convenienza di chiedere ai collegati il loro concorso per una spedizione contro i Barbareschi: «Parece que no seria observar la capitulacion de la liga, cuando Venecianos fuessen invadidos en sus estados, como se ha de tener por sin duda che lo ha da ser el año que viene»; Lettera di don Giovanni al re Filippo, presso Guglielmotti, op. cit. p. 299.