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tava di «esecuzione di cose deliberate, ma solo era un accompagnarsi per andar al luogo della massa» ed altri simili cavilli.

M. Antonio, accortosi che questi erano pretesti per tirar le cose in lungo, e ben ricordandosi di ciò che era accaduto a Portograto nell’isola di Scarpanto tra lui e Gian Andrea Doria1 e delle tristi conseguenze che per Venezia avevano avute le loro discordie, ricordando che alla vigilia di Lepanto poco era mancato che, per un motivo press’a poco simile, Veneziani e Spagnoli non venissero a battaglia fra loro2, mosso com’era dal desiderio di troncar ogni disputa, finse di non sentire le accuse, e si mostrò arrendevole circa alla questione della bandiera.

Ecco la seconda sua lettera, che ci è prova del senno, della prudenza e della buona volontà di lui:

[I] Al signor cardinale di Como3.


            Illmo et Rmo signor mio ossmo

Giunsi qui ad hora di messa hieri et subito andai dal cardinal Granvela al qual dissi come era pronto per partirmi da Messina dandomi S. S. Illmo otto o nove galere acciò cbe con le sette di Nostro Signore me ne potesse subito andar con questa fanteria. Mi rispose che non mancarebbe di dar le galere, ma che quanto al mio partire io mi risolvesse col marchese di Santa Croce il quale, per quanto vedo et così il cardle non vorrebbono che io andassi senza lui, perchè havendo fin hora pubblicato che loro mi aspettavano, non hanno caro che paia altrimente, come è in effetto che non erano in tutto all'ordine et come io ho d’haver queste galere et da cavar vettuaglie di qua et altro che occorre facil cosa sarà mi trattenghino questi tre o quattro giorni che per quanto intendo tarderanno a potersi partire, et se 10 pensassi che il signor D. Giovanni potesse moversi da Messina senza il detto mar-

  1. Guglielmotti, op. cit. p. 85.
  2. Paruta, op. cit. p. 270.
  3. Il cardinale di Como, ministro di Stato, era Tolomeo Galli, dal titolo di sant’Agata. Vedi Theiner, Nomina rnorum cardinalium, qui in conclavi interruerunt, p. 12.