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208 società colombaria fiorentina

perare il suo manoscritto. A queste cose ripensando, l’Uccelli se n’affliggeva.

Fu lieto d’esser de’ nostri, e venne assiduo alle adunanze, non di rado ci lesse qualche monografia fiorentina; brani dell’opera sua.

Io ve n’ho parlato nei passati rapporti; alcune sono alle stampe: santa Maria della Croce al tempio, Il Convento di San Giusto alle mura e i Gesuati, il Palagio del Potestà. Una bella raccolta di documenti su’ Reali di Savoia e di Braganza, stampata quando la principessa Pia andò sposa al re di Portogallo, è tutta fatica del nostro collega; comecchè altri se ne avesse i ringraziamenti e le croci. Ma egli doveva lavorare per vivere; e per vent’anni, ogni giorno, saliva agli archivi o alle biblioteche, per servire italiani e stranieri; troppo spesso manuale copista, ma non di rado partecipe de’ loro studi. Lungo e illustre sarebbe il catalogo degli uomini che a lui ebbero ricorso; e se tutti ne apprezzarono i servigi, alcuni gli dettero la loro amicizia. E gli era conforto; che dalla natura ebbe l’Uccelli una certa alterezza (e prego che la parola si prenda nel significato più bello), mentre la fortuna lo tenne basso, negandogli così i comodi della vita come le care sodisfazioni dell’ingegno. Ma come seppe raumiiiare gli spiriti, così vinse la fortuna con la virtù; la quale aveva le sue scaturigini da un’altissima fonte, il vangelo. Amò e perdonò, sofferse lungamente e morì a un tratto; e fu pietoso consiglio di Provvidenza, perchè lasciava a quarant’anni una buona compagna e tre creature. Giovambatista Uccelli era nato in Firenze il 5 d’aprile 1829; mancò l’undecimo di novembre 1869.

Del Consigliere Pietro Capei, morto il 13 d’agosto del 1868, se non fosse oggi troppo tardo l’elogio, riuscirebbe povero sulle mie labbra, dopo quello che ne fecero il nostro Presidente nell’Archivio Storico Italiano, ed il collega Tabarrini negli Atti de’ Georgofili. A noi basti aver presente l’affetto che il Capei portò a questa Società, e la dottrina con la quale discorse specialmente delle cose etrusche; dopo che la Colombaria promosse quegli scavi, che dovevano essere invito a impresa più grande.

E di Giovanni Masselli, l’erudito annotatore del Vasari, l’arguto scrittore d’arti belle, che ci abbandonò nel marzo del 69, dopo una vita che a lui solo parve lunga, non potrei ripetere che quelle poche ma schiette parole, che, ancora calde le ceneri del buon vecchio, scrissi col cuore L’opere che egli ha illustrate, gli scritti che ha dati alle stampe sono noti a voi: della sua vita, che tu pure consacrata ai pubblico servigio, volendo in un concetto comprenderla, direi: Bene latuit.

In questo biennio non vi fu cosa straordinaria: che neppure i centenari son tali in questo secolo. Cadde l’anno scorso il quattro-