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72 bona di savoia

relegati dal ducato andarono poi a cercare rifugio presso il duca di Ferrara, a cui l’imprudente Bona li raccomandava caldamente, chiedendo nientemeno che presso la corte Estense potessero godere quegli stessi ufficii che già avevano avuto a Milano. Or ecco quanto il Corio soggiugne di Bona: «Per la partita di costui entrò in tanta furia che, dimenticato ogni suo honore, e dignitate ancor lei deliberò di absentarsi e passare oltre monti, e da questo pessimo proposito mai non se puotè revocare, ma scordandosi ogni filiale amore, in mano de Ludovico Sforza rinuntiò la tutela dei figlioli ed il stato, e ne fu celebrato publico instromento per Francesco Bolla e Candido Porro, causidici degnissimi, puoi, come demente, navicò ad Abbiategrasso con animo di passare in Francia, ma ivi fu ritenuta per commissione di Ludovico governatore»1. Osservo però che, a parte la predilezione mostrata pel Tassino, la risoluzione presa di ritirarsi dalla corte, cotanto imputata a Bona come madre, può trovare scusa negli avvenimenti succeduti in appresso, che svelarono palesemente a tutti l’indole del Moro, cui abbastanza conosceva la vedova duchessa.

Se si deve credere ad altro scrittore contemporaneo, in quei primi momenti d’indignazione, Bona pensò di rinchiudersi in un monistero di Abbiategrasso cum personis tantum duabus ut dicebatur2. Non era sicuramente spinta a quell’atto da predilezione per la vita claustrale e contemplativa, poichè un baleno di speranza ella aveva ancora di poter migliorare la propria sorte, e a dispetto della vigilanza del Moro, nell’ottobre del 1481 ebbe mezzo di rifugiarsi in Francia.

Quando poi fra le varie vicende che dovette subire la Lombardia a que’ giorni, il noto condottiero Roberto di S. Severino ribellossi allo Sforza, il nome della nostra

  1. Luogo citato.
  2. Athonii de Ripalta, Annales placentini.