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198 delle feste e dei giuochi

interdetta dinanzi alla maestà della Repubblica; sicchè in niuna contingenza gli era permesso di vestire il corretto1.

Ma quanto più lo Stato venia scapitando della originaria grandezza e della sua potenza, tralignava altrettanto la prisca severità de’ costumi, lasciando che subentrassero le pretese spavalde e l’albagìa delle usanze spagnuole. E poichè allora in tutta Italia i principi e signori faceano a gara nello assumere titoli nuovi e nello introdurre pomposi cerimoniali, la Repubblica anch’essa piegò di corto all’andazzo. Onde spedì a Vienna Giorgio D’Oria per ottenere dall’Imperatore che il Doge assumesse titolo di Serenissimo, od a lor volta Serenissima la Repubblica si ossa, e Serenissimi il Senato ed i Collegi si nominassero. Il che essendole conceduto nel 1580 da Rodolfo II, fe’ decreto che l’implorato privilegio sortisse effetto senza indugio di sorta; per modo che Nicolò D’Oria, il quale di già era entrato nel second’anno della dignità ducale, venne tosto con quel titolo salutato2. Allora eziandio dallo stemma del nostro glorioso Comune sparirono gli angioli che l’aveano per tanto tempo fiancheggiato e sorretto, quasi aperta manifestazione del favore del cielo; e pigliarono il loro posto i due griffoni che tuttodì lo sostengono.

L’ultimo passo in questa via d’ambiziosi disegni fu però dato l’anno 1637, in cui, per le deliberazioni altrove già menzionate3, il Doge assunse regie insegne, e si nomò Re di Corsica, a significazione del dominio della Re-

  1. Genuensis Reipubl. Leg. Compilat., car. 185.
  2. Casoni, Annali, vol. IV, p. 121; Acinelli, Compendio, ecc., I, 07. Questo privilegio e titolo confermò poscia l’Imperadore Ferdinando III, con diploma del 2 settembre 1641. Ma costò caro; perchè la Repubblica, ad attestargli la propria riconoscenza, «stimò bene di fare un dono gratuito a Cesare, negli urgentissimi suoi bisogni di guerra, di 300,000 fiorini; ed intanto gliene fe’ rimessa di 158,000 per mezzo di Raffaele Andora e dellellentissimo Gio. Battista De Ferrari» (Acinelli, Comp., I, 114).
  3. Ved. il capitolo precedente.