Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu/455

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rassegna bibliografica 449

non basta, che alcune volte ascrive a carico dell’infelice pugliese anche la verità. Ha mentovato alcuni saraceni con nomi veramente usati da quella gente; ebbene, conclude il critico, «ha saputo usare cura diligente per dar nomi autentici di saraceni», copiandoli dal Fazello1. Ha detto che Manfredi ritolse alla Chiesa di Roma il contado di Fondi, che le aveva largito suo padre; ebbene, ha copiato di nuovo il Fazello, «e non si può negare, con grande arte il falsario cita incidentalmente quella notizia al suo luogo conveniente». Tutto, tutto insomma, e arme buona in mano del Bernhardi per sostenere il suo assunto. Ma questi argomenti, in faccia ai quali qualsiasi libro, per quanto sicuro e genuino fosse, potrebbe chiamarsi spurio e supposto, sono ridotti al loro valore dal Miniera Riccio. Ora, mostrando che le contradizioni fra i Diurnali e gli altri contemporanei sono immaginarie, o sono di quelle leggiere varietà che si hanno fra le diverse narrazioni le più autentiche. Ora, facendo toccare con mano, che se dissentono in qualche punto con alcuni libri moderni, l’errore è di questi; e che, infine, le altre negazioni del tutto gratuite, di cui si è riportato qualche saggio, sono inattendibili in faccia alla buona critica.

È cosa singolare che alcuna volta l’erudito tedesco paia quasi scordarsi della sua tesi, che cioè i Diurnali si debbano alla penna di un falsario moderno, e mostri invece di pigliarsela con Matteo in persona. Quegli alloggiamenti di personaggi a Giovenazzo in casa Spinello, sono fra le cose che il Bernhardi crede inventate per boria di genealogia. Ma che interesse potesse muovere il Costanzo ad aggiungere un atomo di gloria ad una famiglia di Giovenazzo, forse allora già spenta, si è dimenticato di spiegarlo. Un’altra cosa notevole è che egli si mostra anche persuaso che i Diurnali sieno infetti di spirito guelfo, benchè in verità non vi sia indizio nissuno che lo scrittore, o moderno o antico che si fosse, tenesse una parte qualunque. Però a così sottile inquisitore non è sfuggita la segreta intenzione, benchè artificiosamente

    carta è cavata dal duca Della Guardia, e ciò maggiormente fa sospettare o che sia errata, o che si riferisca a un altro Matteo Spinello più antico.

  1. M. R., pag. 159.