Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu/476

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470 rassegna bibliografica

tendono al bene per un insuperabile istinto.... Il bene adunque non può essere l’ultimo fine delle operazioni, se non è il Buono»1. - Anche il Mamiani, nelle Confessioni di un Metafisico, si trova a discorrere dell’argomento medesimo. E quasi avesse in mente un ricordo dell’opera di Bunsen, egli scrive: «Dio eterno ed inaccessibile dee venire studiato assai più nelle opere sue che nella chiusa e tremenda sua maestà. Però noi ci stenderemo volentieri nella scienza degli enti creati, cercandovi da per tutto le orme di Dio»2; le quali da per tutto appariscono. E Dio, l’assoluto, egli lo cerca negli studi dell’universale come del particolare; della natura esteriore come dell’uomo interiore, dell’individuo come delle comunanze, e di tutta quanta la società degli uomini: la quale «vede... fondarsi nell’autorità; e l’autorità, mutato nome ed aspetto, essere Dio legislatore universo e padre del giure, come lo chiamarono appunto i Latini con l’appellazione di Juspater»3. La quale fede in Dio padre del giure, anima e avviva la esposizione delle Confessioni4; e uno sente come si abbia poi col tempo a verificare la legge di Vico; e come nel mondo delle nazioni ogni cosa abbia a ridursi nel suo vero essere5; e come «il progredire di tutta la stirpe aiuti ed accerti quello dei singoli popoli, quanto il progredire di ciascuno di essi aiuta ed accerta il moto perfettivo dei singoli cittadini»6. E che quindi «il me si confonda sempre col noi, e l’egoismo privativo più non sussista»7. E quindi

  1. Ivi, pag. 400.
  2. Vol. I, pag. 368.
  3. Ivi, pag. 398.
  4. Della fede vi si leggono queste parole notevoli: «La fede interviene così a confermare e corroborare i trovati della ragione speculativa; come a dilatarli ed a compierli» (Ivi, pag. 395). - «Grande errore commetterebbe colui, per nostro giudicio, il quale stimasse che dalla scienza e dalla sapienza non rampolli una fede immensamente più pura e sublime della volgare» (Ivi, pag. 399).
  5. Egli scrive: «Fa maraviglia a pensare, come questo concetto di Dio e questo continuo meditare delle sue perfezioni venga col tempo e il sere della civiltà dilatandosi dentro le menti, e informi profondamente di sè gli abiti più sostanziali del nostro sapere e del nostro operare» (Ivi, pag. 398).
  6. Vol. II, pag. 847.
  7. Ivi, pag. 856.