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intorno a lodrisio crivelli 291

Publio Gregorio Tifernate1. Tra coloro che si aspettavano di più e non ebbero che a lor giudizio, assai poco, era quell’insaziabile accattone e scialacquatore che fu messer Francesco Filelfo. Di qui disgusti ed ire tra il letterato ed il pontefice; sembra anzi che già a proposito di questi urti nascesse in Milano la discussione tra Giovan Mario e Lodrisio2. Dopo la morte del pontefice, le invettive dei due Filelfi, padre e figlio, non ebbero più modo, tantochè se ne risentivano i cardinali e sopratutto Iacopo Ammannati, già carissimo a Pio II, e di cui anzi aveva assunto il cognome Piccolomini. L’Ammannati mosse il collegio cardinalizio a lagnarsi del contegno dei Filelfi presso lo Sforza, e questi, nonostante l’affezione e la considerazione che aveva per messer Francesco, credette necessario dare una qualche soddisfazione all’offesa corte di Roma. Dalla lettera con cui il cardinal pavese - l’Ammannati - ringrazia il Duca della punizione inflitta ai linguacciuti umanisti si rileva ch’essi furono messi in prigione3. Alcuni revocarono in dubbio

  1. Ancora un letterato del Quattrocento (P. Gregorio da Città di Castello), p. 20, Città di Castello, Lapi, 1890. Qualche altra notizia aggiunse sul Tifernate nella sua gentilissima recensione del mio lavoro il Zannoni, Studi recenti sulla letteratura italiana dei secoli XV e XVI, pp. 6-9, Milano, Vallardi, 1890, estr. dalla Coltura, t XI, n.1 9-10.
  2. Vedi sopra, p. 20.
  3. Epist., f. 26 bis. In aedibus Minutiani. Impressum Mediolani, MDXXI: «Francisco Duci Mediolanensi nomine Collegii. Cam diebus praeteritis audivissemus Franciscum Philelphum et filium eius Marium, naturae suae obsecutos, versus et solutam orationem scripsisse adversus sanctae memoriae Dominum Pium Pontificem nostrum nuper defunctum, admirati non mediocriter sumus, dolentes tantam erroris mentem in litterato homine inveniri, ut immemor christianae professionis in coelum ponere os, mendacia fingere, Sanctum Domini (sic) lacerare et Consilia Romanae sedis auderet condemnare notissima quidem toto orbi et ab eodem aliis in scriptis suis laudata. Rursus cum intelleximus hanc infamiam Excellentiae vestrae pariter non placuisse, et doluisse admodum non praestari a suis eam reverentiam Romano pontifici, quam ipsa devote semper exibuit, ac propterea ambos in carcere ductos, officio vestro multum sumus laetati, videntes non solum maledicos illos poenam ferre sceleris sui, sed caram esse saeculari potestati aestimationem Vicarii Iesu Christi. Agimus eidem Excellentiae vestrae debitas gratias».