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delle pievi di bono e di condino nel trentino 23

grave tassa come compenso al difetto di origine, ma tutte le disposizioni e le consuetudini delle Comunità sono redatte in questo senso, e gli Statuti dei secoli posteriori hanno tutti dei severi capitoli a questo riguardo; quanto ai terreni poi era tale il timore che gente di fuori potesse un po’ alla volta occupare dei beni comunali, che talvolta i Comuni stessi si sobbarcavano a delle spese, pure di garantire l’integrità dei propri diritti sulle campagne circostanti. Sono di un certo interesse, per convalidare quanto si è detto, alcune carte di Roncone relative a Pradibondo, dalle quali apparisce che il Comune non solo esercitava il suo dominio sui boschi e sui pascoli, ma, in circostanze determinate e con quelle differenze che la cosa esigeva, anche sui terreni coltivati. Nel 1221 (doc. VII) il Concilio di Roncone comperò da vari uomini i possessi che essi avevano a Pradibondo, e subito, raccoltasi l’assemblea generale, si stabilirono alcune norme, cioè che non vi dovesse più essere in quel luogo alcuna proprietà privata, nè quindi si potesse in alcun modo alienare e che ognuno stesse contento di quello che ei in partem evenerit e lo lavorasse, o, non volendolo, la sua porzione ricadesse al Comune. Nel 1265 poi (doc. XIV) si confermarono gli statuti suddetti, rinnovando la proibizione di cedere il proprio terreno anche solo per farlo da altri lavorare; ed aggiungendo questi nuovi capitoli, abbastanza caratteristici; che morendo uno dei possessori senza eredi maschi, la sua parte tornasse al Comune; e che se qualcheduno non avesse coltivata la sua terra per cinque anni, la perdesse e fosse lecito a chiunque di occuparla e di lavorarla. Ma queste convenzioni, sebbene solennemente giurate da tutti i vicini, e sebbene si fosso stabilito un sindaco por regolare e amministrare tutti gli affari di Pradibondo, pare che non si mantenessero troppo scrupolosamente. Ci resta infatti una carta del 1272 (doc. XVI), dalla quale si ricava che si elesse allora un procuratore per ricuperare le terre di Pradibondo che erano state, contro gli ordinamenti, alienate daiRonconesi agli uomini di Bendo e di Breguzzo. Per questo il Sindaco e i Consoli del Concilio di Roncone, portatisi a Breguzzo, intimarono a quei vicini e quelli di Bendo di rilasciare quanto avevano acquistato; e dopo questo troviamo un atto, col quale Floreto di Bondo vende al sindaco suddetto un tratto del territorio di Pradibondo, che apparteneva prima, come è espressamente indicato, a uno di Roncone.