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polemica nella quale l’Ardigò difendeva da empi (!) attacchi la confessione auricolare. Invece di un documento solo il Moto ne avrà due, e ci pare di essere così persone scrupolose di documentare le proprie affermazioni. In uno dei prossimi numeri cominceremo a pubblicare un bozzetto storico-filosofico intitolato: Ciò che fui e ciò che sono e ne faremo, com’è di dovere, al Moto, al paladino dei positivisti dell’ultima ora, la dedica.


Ciò che fui e ciò che sono

(Al Moto d’Imola)


Ciò che è il prof. Roberto Ardigò, lo sanno tutti, o almeno lo sanno molti. È un filosofo erudito, che si spinge nelle sue idee fino ai limiti estremi del positivismo. Come quando era prete, il bagaglio più forte della sua istruzione era una grande conoscenza di fonti e di testi sacri, così oggi convertito alla nuova fede, ha cambiato materiale di erudizione, ma è sempre rimasto prima di tutto, un erudito.

Non è uomo d’avere la iniziativa di un sistema; è però intelligenza capace d’intenderli e di assimilarseli tutti.

In altri termini, egli non farà muovere un passo alla scienza, non scoprire neppure una formola, non lascierà dopo di lui neppure una idea originale, ma difficilmente gli sarà sfuggita una idea che sia ora patrimonio della scienza e più che la forza, che viene dalla fantasia, egli ha quella che viene dalla memoria.

Ardigò non è un grande filosofo, ma tanto meno lo si potrebbe chiamare il primo commentatore di testi scolastici che vi possa capitar fra piedi.

Gli scolari che hanno studiato sotto di lui ne conservano tutti grata memoria. Bisogna rendergli questa giustizia. Hanno anzi dell’affetto e dell’ammirazione per lui: affetto ed ammirazione che si limita tutto all’insegnante ed allo scienziato; l’uomo è un’altra cosa...!

Ardigò piace molto ai giovani, perchè nella esposi-