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conto; e quindi scriveste il vero. Ma il vero mi preme che lo conosciate, non solo genericamente, ma anche in modo concreto. E perciò vi scrivo la presente.

Come sapete fui amico di Alberto Mario; ne venero la memoria, e caldeggio con tutta l’anima quelle idee e quei sentimenti che ebbi comuni con lui. E conseguentemente avverso senza esitazione le basse fazioni anarchiche antisociali. Queste fazioni che naturalmente dileggiarono e dileggiano anche le idee e i sentimenti di Alberto Mario.

Tale mia avversione l’ho sempre espressa recisissimamente. Alcuni anni fa in una adunanza della Società della Eguaglianza sociale di Mantova ho parlato così: La sintesi delle vostre tendenze è l’odio, la sintesi delle mie è l’amore; perciò io non sono con voi. Chiamato quale testimonio nel processo pei fatti occorsi a Mantova nella commemorazione di Garibaldi del 1882, davanti al tribunale ho detto con tutta l’enfasi: Sono radicale, più radicale che nessuno immagini, ma riprovo le dimostrazioni deplorevoli di queste fazioni. Insomma in ogni occasione, in privato e in pubblico, ogni volta che si presentasse.

Ma si continuava a voler far credere alla mia solidarietà col socialismo antisociale di Mantova. Sicchè sentii il dovere di protestare più altamente che potessi alla prima occasione.

Sono invitato a far parte della Commissione mantovana pel pellegrinaggio. Per fin di bene lascio portare il mio nome dichiarando che lo faceva ravvisando nella tomba di Vittorio Emanuele al Pantheon un simbolo della nostra unità, e nel pellegrinaggio ad essa la celebrazione della rivendicazione di Roma all’Italia: e che non poteva intendere come in ciò non dovesse convenire ogni buon italiano, e rallegrarsi che si presentasse il caso di trovarsi concordi in un santo e salutare pensiero gli onesti di ogni partito.

Gli anarchici di Mantova no. E si avventano contro di me. Ecco l’occasione aspettata, io dissi. E pubblicai la Dichiarazione onde mostro il mio aborrimento per le