Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/121

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qui tenete, mi ha ristretto il laccio de la servitú, che in perpetuo vi sará fedele. E tanto piú è cresciuta in me, quanto piú mi sono chiarito che solo il duca di Ferrara può col signor Ercole; e ne acquistate gloria, perché un vero principe debbe esser signor di se stesso e proporre ed esseguire le sue intenzioni con la volontá di se medesimo, e aceitar ne la grazia sua quegli di cui fa elezzione il suo giudizio proprio, e con il donar di sua fantasia far che chi riceve il riconosca da lui e non dai suoi favoriti. Ma è pur atto di Dio il tacito beneficare gli uomini. Ecco la cesarea Maestá mi dona sei mesi prima che mi sia noto. Ecco Vostra Eccellenza mi dona tre volte, né ’l sa niuno. Io, per me, stimo vituperio di chi lo sa il trombeggiare un secolo inanzi la villania de la cortesia, che ammazza la speranza, che l’aspetta, con il mai non giugnere; ed è pur troppo dolce il piacere che ti dánno i presenti non isperati. E ciò provo io mercé de la moderata liberalitá vostra, la quale ricompensarò con memorie forse eterne. E, per dir de la medaglia, io non ve la mandai perché un cosi fatto signore avesse a degnarci gli occhi, ma perché si maravigliasse de l’artificio miracoloso di Lione, suo servo, il quale debbo aiutare per l’innocenzia e perché egli è de la patria mia. 11 vulgo gli grida dietro a torto, e cotal calunnia è previlegio de la vertú, che sempre fu calpesta da l’ignoranzia. Dunque uno spirito che pareggia gli antiqui dee essere cacciato di dove egli è piú che necessario e dal luogo che si onora per ciò? Egli fuggi; ma chi non saria fuggito, sendone confortato? benché è savio avvedimento il tórsi dinanzi a l’émpito del furore, perché l’invidia degli altrui nintici vince il piú de le volte la bontá di quella giustizia, che, alterata dagli indizi del calunniatore, nei primi moti spaventa, con la severitá de la sua rigidezza, talmente il calunniato, che, smarrita la scusane la querela, va perdendo ogni ragione, onde par reo chi non peccò. E poi il perdono dee andare inanzi, quando la vertú ne l’accusato c maggior che il vizio e basta punirlo con l’amunizioni. Or, senza piú dirne, bascio le mani di Vostra Eccellenza.

Di Venezia, il 5 di ferraio 1537.