Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/128

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debbe Sua eterna Maestá perpetuare il favor nei suoi amici, come gli ba perpetuato Iddio l’impero senza termini. Né potran mai le genti, né l’armi, né i tesori, né i cavalli, né le navi, con tutte l’invidie, con tutte le rabbie e con tutti gli inganni del mondo, rimovere i cicli dal loro aver destinato al suo capo le corone de l’universo. Ecco: il ferro gli toglie il genero per rubargli Fiorenza; e cotale atto partorisce la fermezza de la fede, che divoto gli osserva cotanto Stato. Ed è forza che da cosi strano miracolo pigli augurio la rovina dei suoi avversari, perché chi combatte con Carlo contrasta con Cristo, e quella, che noi chiamiamo «fortuna», è il voler suo, che gli sará sempre guida. Ma, se egli move gli esserciti con il voler superno, qual cittá non espugnará? quai popoli non domará? e qual mare non varcará? Egli tosto ripigliará la spada, perché Giesú per man dei suoi ministri gli ha drizzato il trono in Gerusalemme, e ciò promettono le profezie ai suoi gesti santi. Si che state lieto, e ne la vostra letizia rammentisi la Vostra Eccellenza di me.

Di Venezia, il 9 di ferraio 1537.

C

AL SIGNOR VALERIO ORSINO

Ancora dell’uccisione di Alessandro de’ Medici, e biasimi di Lorenzino. Diche natura sia l’inimicizia, che ha la fortuna con Infelicitá degli uomini, Vostra Signoria se l’ha visto nel caso del nostro duca, e anco ha veduto che cosa è un signore sottoposto a le sue volontá. Due fini son messi inanzi da la instabilitá sua a chi regna: l’altezza e il precipizio, benché, per esser piú atta la scesa che l’erta, son piú quegli che cascano che coloro che montano. E ciò avicne perché ella, che non è costante né ragionevole, contrasta del continuo con la constanzia e con la ragione; onde rovina ciascuno che se le appoggia. Ma che beatitudine saria quella di chi pur regna, se questa sorte non ci tenessi’