Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/261

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ciò che io ho. E de la mutazion del mio stile, ne rende testimonianza un libro di Lettre , che tosto saran fuor de le stampe; per la qual cosa si potrá vedere la memoria ch’io so fare de la cortesia di coloro che mi sanno intertenere. E mi son tutto riscosso dal timore, che mi occupava nel publicar di cotal volume, da che lo illustre spirito del singulare Alfonso d’Avolos e la grave sentenzia di Vostra Signoria illustrissima celebrano la scritta a quel re, che ritorna a varcare i monti, perché la gloria di Sua Eccellenza si canonizzi nel modo che si è canonizzata la fama del conte Guido Rangone, mercé di quegli che hanno saputo cosi ben perdere ciò che egli seppe cosi tosto vincere. Ma che ne può far la Francia, se tutti i fini de le sue imprese son fatali?

Di Venezia, il 18 di ottobre 1537.

CCX

A MESSER MATTEO DURASTANTE DA SAN GIUSTO

Ringrazia del dono di funghi, quaglie e tordi. Per una grazia, da bene uomo, ch’io dovea rendervi, mandandomi voi i funghi, ch’io pur aspettava, doverei rendervene dieci, avendomi mandato le quaglie e i tordi, ch’io non aspettava; perché questi son cibo piú sicuro che quegli periculoso, e si cuocono in due voltate di spedone, tramezzati di lauro e di salsicce a la carlona. Che cosi non si pò far dei funghi, ai quali fa bisogno bollir con due fette di medolla di pane, e poi friggergli ne l’olio. E anco non si mangiano volentieri, se non la mattina, per sospetto del veleno, che di notte malamente si pò riparare, bontá del sonno che sganghera l’eccellenze dei medici. E ben l’intendono i chietini, che si confessano e comunicano inanzi che ne asaggin boccone. Io ho gran piacere quando un goloso e pauroso se ne vòle empiere il corpo, e rido nel vederlo scontorcer tutto, mentre l’odore e il timore gli assale il naso e l’animo. Ma chi non sa la poca stima, che