Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/321

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lettra che fate. Benché mi potreste rispondere che la mia richiesta ricerca la fiera di Ricanati, sapendosi pure che sapete formarne mille migliaia, e la torre di Babcl non fu si varia di lingue quante son diverse le maniere dei caratteri composti e ritratti da la diligenzia del vostro paziente ingegno, la penna del quale dipigne le cose minute e scolpisce le grandi. E l’imperadore magno in Bologna spese tutto un giorno in contemplare la grandezza de l’arte vostra, maravigliandosi di vedere scritto senza abreviature il Credo e !’«/? princípio» ne Io spazio d’un danaio, ridendosi di ser Plinio, che favoleggia di non so che Iliade d’Omero rinchiusa in un guscio di noce. Stupi anche papa Clemente ne lo spiegargli voi i cartoni mirabili; onde Iacopo Salvimi, adocchiando alcune maiuscule ornate di fogliami, disse: — Padre santo, mirate queste dai penacchi! — Io desidero sopra ogni altra quella foggia di lettre tonde e amichette, che piacque tanto a la Maestá cesarea, onor del mondo; e ciò ricerco per uno dei tanti signori che mi rompon continuamente la testa con le visite, talché le mie scale son consumate dal frequentar dei lor piedi, come il pavimento del Campidoglio da le ruote dei carri trionfali. Né mi credo che Roma per via di parlare vedesse mai si gran mescolanza di nazioni, come è quella che mi capita in casa. A me vengono turchi, giudei, indiani, franciosi, todeschi e spagnuoli: or pensate ciò che fanno i nostri italiani. Del popol minuto non dico nulla, peroché è piú facile di tór voi da la divozione imperiale che vedermi un attimo solo senza soldati, senza scolari, senza frati e senza preti intorno. Per la qual cosa mi par esser diventato l’oracolo de la veritá, da che ognuno mi viene a contare il torto fattogli dal tal principe e dal cotal prelato: onde io sono il secretano del mondo, e cosi mi intitolate ne le soprascritte. Or io spetto le mostre, anzi le perle, ch’io vi chieggo con paura di non l’avere, non perché non siate l’istessa cortesia, ma perché, oltre a la fama de la professione, in cui séte unico, volete ancora, mentre vi fate onore col molto disegno, la gloria de la poesia, facendo nuove regole ile la sua locuzione, non dando punto di cura al concorso de le generazioni, che vi tempestano la fantasia solo per vedere