Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/67

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gentil natura, non son si temerario, che io non conosca quanto sia differente dal mio essere la visita fattami a nome di Quella dal suo imbasciadore; e perciò la ricevo come fusse uno altro dono mandatomi da lei. E di ciò le rendo quelle grazie che io posso, e non quelle ch’io doverci: cosi anco del desiderio, che par che abbiate, di vedermi. E temo di non riuscire a la spettazione; perché non solo io, che sono quanto un non so che, ma Alessandro magno, come sapete, non correspondeva con la presenza a la fama. Pur, qual io mi sia, tosto che sarete qui, vi verrò ai piedi, come debbo. E piaccia a la mia sorte che io sia abbracciato da la grazia sua, la quale scorgerá sempre in me un buon volere e una sincera fede. Ma io esco di me stesso, udendo il caso orribile del Cardinal dei Medici. Ahi, sfrenate voglie di regnare e di aricchire, a che non ispingnete voi gli animi ardenti di tal cupiditá?

Di Venezia, il 18 di agosto 1535.

LI

AL DIVIN MOLZA

Piange la morte del Cardinal Ippolito dei Medici. Chi potria mai credere, fratello, che io avessi a lodarmi de la sorte, che mi privò di Roma; per la qual cosa la bontá de la mia fede e la tenerezza de la mia natura non si è domesticata con la ineffabile affabilitá di colui, che, tradito da le invitte cortesie de la reai gentilezza sua, è pur morto? Io mi pento piú di averlo conosciuto e di aver preso i suoi doni, che non mi rallegrai nel conoscerlo e nel pigliargli. Perché, se io fussi rimaso senza la sua conoscenza e senza il gusto de la sua liberalitá, non mi affligeria la sembianza di lui, che mi stará sempre fitta ne la intenzione, come mi affíige; né l’obligo, che io ho al ben che mi fece, mi stimularebbe a render conveniente gratitudine a la memoria sua, come mi stimula.