Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/177

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e sacrar questo col titolo di cardinale. Ma perché i signori e i prelati, col seguir Torme di voi, prelato, e di lui, signore, per degnitá de lo essere, non causano in me di quello affetto, con cui ammiro e inchino la sua illustrissima memoria e la vostra reverendissima persona?

Di Vinezia, il 12 di maggio 1542.

DCC

A MESSER ANTON DE ROVESTE

Perché ha voluto narrare a tutta Padova l’amorosa assistenza prestatagli dall’Aretino nella sua malattia? Se ben egli è il vero, carissimo gentiluomo, che, senza altramente aver con voi amicizia, accadendo Taccidente del male che vi tenne molti giorni nel letto, vi accomodai del medico, de lo spiziale e di ciò che avevo in casa, lasciate di contarle a la vostra nazione e a tutto lo Studio di Padova. Imperoché il confessare cosi in publico la obligazione, che vi pare tener meco, non è altro che un volermi obligare ad avervi obligo del nome che mi acquistate di amator del prossimo. E, quando pur vi piaccia di ricordarvi di cortesia si fatta, fatelo con il pigliare, tuttavia che vi accade, nuova sicurtá di ine.

Di Vinezia, il 13 di maggio 1542.

DCCI

A MESSER GREGORIO SOLITARIO

Ringrazia delle lodi, che di continuo, e testé nel prologo d’una commedia recitata alla corte di Cosimo de’ Medici, fa di lui il Solitario. Confesso, gentilissimo spirito, che avete non men ragione di lamentarvi di me, che io ho cagione di lodarmi di voi. Imperoché gli onori e le lodi, che di continuo la vostra penna