Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/91

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e nel sentire le rovine che l’abattono, attende solo a pregare e a piangere, presumendo ritrare da le lagrime e da le preci, se non grazia, almen pietade. Ma racquetinsi le querele di tutti coloro che esclamano i torti fattigli da la malizia e da la stoltizia di colei e di costei, conciosiaché quegli, che io ho provati amando, paiono per la efleritá loro incredibili. Io non entro a dirvi che ascoltiate in che maniera ella, che mi venne in casa ignuda, fusse ridotta non pur ne la pompa de le sete, dei broccati, de le catene, de le perle, de le commodilá. degli onori e de le riverenze; ma vengo a supplicarvi che leggiate nel secondo volume de le nostre Lettre ciò che scrivo a don Lope di Soria circa quello che la bontá mia usò inverso la infermitade sua, e che, posto a lo incontro il tradimento con cui la ingrata mi ha sodisfatti cotanti benefizi, confessiate che la donna, ésca dei mali, è piú figura del demonio che non è l’uomo imagine di Dio. Ecco la rea femina ne la maggior pace del mondo; eccola apunto alora che piú mi giurava d’esser disposta di sempre osservarmi; eccola, dico, quando io pensava che piú la guidasse il senno, andarsene con uno che fa il mestier dei vizi, e, mentre si essercita in ogni sorte di peccato, alora trabocca di piacere che la sceleratezza è piú grande; onde le sodomie, le bestemie, le menzogne, le barrarie, gli adultèri, i sacrilegi e gli incesti si raggirono d’intorno a l’azzioni de la sua sporca vita come i segni celesti per il cerchio del lor zodiaco. Intanto egli, che trionfa de le sue fellonie, può andar considerando che, essendo tale nei ventisei anni, ciò che sará, se le ruote, se le tanaglie, se le manaie, se i capestri e se i cappanelli comportano che lo sciagurato, grave di vituperio publico e di male francioso noto, comportono che egli arrivi ai quaranta. Insomma io sento grande allegrezza, si per essere il fine di lei secondo il merito, si perché da lo essempio de la stoltizia, che me le tenea schiavo, s’impara ad apprezzar tanto le dive quanto dura l’atto che le sottomette. E chi procede altrimenti, è degno di cambiarsi d’uomo in bestia. Di Viiiezia, il 12 d’agosto 1541.