Pagina:Arienti, Giovanni Sabadino degli – Le porretane, 1914 – BEIC 1736495.djvu/66

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piú quanto epso, piú che donna alcuna de la festa, danzava a la toscana legriadramente. È ne la piazza de dicto loco uno tempio, dove abitano li frati conventuali de sancto Augustino, nel quale essendo alora priore un frate assai brighente, nominato frate Puzzo, era venuto a vedere la danzosa festa; dove, vedendo questo nostro compagno si bello e adorno, e credendo che fusse femina, subito di lui oltramodo se fu inamorato, parendoli, di poi che nacque, non avere mai visto piú bella cosa al mondo. Ed intendendo lui questa giovene essere venuta da Arezzo in compagnia de certi gioveni aretini, ed essendo uno de nui suo domestico, se li acostò e dixe: — Chi è quella giovene fiorentina che balla si pelegrinamente? — E1 nostro compagno respose: — Perché adimandate questo? — Dixe il frate: — Perché è una legiadra creatura, e molto me piace le sue maniere. — Comprendendo el nostro compagno, per il domandare del frate e pel continuo guardare, lui avere perso el scapellario, dixe: — Ella è in nostra compagnia, e si Pabiamo menata ad Arezzo qui a la festa. — Dimandando ancora il frate se era sua parente, rispose el compagno nostro: — Basta, non domandate piú inanci. Se voi voleti cosa alcuna da me ch’io possa presso a lei, chedeti come vi fusse figliuolo. — Respose questo frate: — lo te ringrazio; ma, perché sempre te ho voluto grandissimo bene e in te ho avuto fede assai, io te parlerò da domestico e vero amico. Le bellezze de questa giovene me piacene tanto, che tutto ardo del suo amore, e tanto piú, quanto l’abito ho indosso me strenge celare e come in fornace ardente premere la imprevista e consumante fiamma. Onde non so che debbia fare, percioché da un lato l’onestate me reprende, da l’altro le inevitabile saette del figliuolo de Plutone me pungono subvenire al torchiato core e provare la fortuna de questo si dolce e acceso amore. Constrecto donca da tanta forza, a quale no’ ’l fortissimo Sansone, no’ ’l sanctissimo David, no’ ’l sapientissimo Salomone poterono resistere, io, debile fraticello, non comparabile a quelle cime de uomini, non te scandalizare, per Dio, fratei caro, te manifesto fiducialmente il mio destino. Soccorime; aimè, moro, ardo, me struggio! Per tua mezanitade