Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/132

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126 iv - capitoli

     Sovente il giorno ’l cor vole e disvole
spenger l’ardor, e sospirando i’ dico
che piú nol sento, ed è non men che suole.1
     E mentre cosí lasso i’ mi affatico,
35veggio cieco furor, ahi! voglia insana:
proverbio «Ama chi t’ama» è fatto antico.2
     Se pur la chiamo, ognor sorda e inumana,
crudel e ingrata apo d’omini e dèi;
piaga per allentar d’arco non sana.3
     40Or bramo di mirarla, or non vorrei;
né ’l mal ch’io sento in ogni fibra ed osso
potria cangiar un sol dei pensier miei.4
     Or la vorria seguir senza esser mosso,
or la vorria lasciar senza languire,
45e per piú non poter fo quant’io posso.5
     Se talor penso al mio lungo martire,
che non mi uccide, io dico: Gli è pur vero
che ben può nulla chi non può morire.6
     Ahi! dolce error vòlto in un van pensiero,
50che notte e di co’ miei desir vaneggi,
che grida meco poi ch’altro non spero:
     Ben non ha il mondo che ’l mio mal pareggi.7

  1. o. c., CV, 160.
  2. o. c., CV, 31.
  3. o. c., XC, 14.
  4. o. c., CLXXII, 11.
  5. o. c., CVIII, 11.
  6. o. c., CLII, 14.
  7. o. c., CCVII, 98.