Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/146

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     Né più rida negli orti il lieto acanto,
né le viole al matutino sole
spargano al ciel l’odor soave tanto.
     35Quanto del tuo partir Mincio si duole!
In mezo de l’aflitte pecorelle
ti chiama da le valli argute e sole.
     Uscite ormai, uscite, pastorelle,
dal vostro albergo, ed ombra fate a’ fonti
40che d’anno in anno ognor si rinovelle.
     Ma tu, pria che da noi il sol tramonti,
scendi da l’aureo ciel, felice spirto,
e raconsola i tuoi da questi monti.
     Vien’, godi l’ombre usate del bel mirto,
45che sopra il tuo mortal stassi pendente;
vien’, serba il grege nostro umil ed irto.
     Come onor fosti al mondo, la tua gente
riguarda, e la tua prole bella e rada
fa ch’a tuo essempio al ciel alzi la mente,
     acciò, mentre di timo e di rugiada
50si pasceranno e di celesti odori,
fieno satolle l’api e la cicada.
     Sempre le lodi tue, sempre gli onori,
se verno fia al sol, s’estate all’ombre,
55risuonin le sampogne de’ pastori;
     né tempo fia che ’l tuo bel nome adombre.