Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/287

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liriche dubbie 281

23
     Alla vaghezza, alla beltá di quello
non si può ritrovar degna sembianza;
quando piú vaga di color novello
orna Flora la terra e di speranza;
quando mostra l’Aurora il suo piú bello,
o Febo che di lume ogn’altro avanza;
sono al celeste viso essempio vile,
sol a se stesso e a null’altro simile.
24
     La bianca gola e ’l suo bel collo ornato
vincono di bianchezza il bianco giglio.
Le guance ha ponto Amor, ha colorato
d’un non so che piú bel ch’ogni vermiglio.
Vaga è la bocca; il naso è ben formato;
il mento ben composto; e nero il ciglio:
i bei denti e le labbia hanno a vederle
queste di rubin forma, e quei di perle.
25
     Fra i dolci pomi de l’eburneo petto
si trastulla Cupido, ed arde i cori;
ivi scherzando siede, ed ha diletto
star con le Grazie e i pargoletti Amori.
Formano in somma un corpo il piú perfetto
di tutte le sue membra i bei lavori,
che si possa pensar di donna alcuna,
o si vedesse mai sotto la luna.
26
     Le grazie, l’accoglienze, i risi, e quanti
modi son di vaghezza e leggiadria,
il suave parlar, gli alti sembianti,
la beltade, il valor, la cortesia,
il senno e li costumi onesti e santi,
e tutto quel che di lodato sia,
con quanto di valor proveno i dèi,
s’accoglie, e fa sol una lode in lei.