Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/300

Da Wikisource.
294 appendice seconda

pensa qual eri tu, qual era anch’io;
tanto caro mi sei, che men gradita
55m’è di te l’alma e la mia propria vita. —

     Amor, poiché si tace la mia donna,
quivi senz’arco e strali
sceso per confermar il dolce affetto,
le corre e salta intorno aprendo l’ali.
60Vago or riluce in la candida gonna,
or tra i bei crini, or sovra ’l bianco petto,
e d’un piacer gentile,
cui presso ogn’altro è vile,
n’empie scherzando ignudo e pargoletto;
65indi tacito meco insieme ascolta
lei, c’ha la lingua in tai note giá sciolta:

     — Tirsi ed Elpin, pastori audaci e forti,
e d’etá giovinetti,
ambi leggiadri e belli senza menda,
70Tirsi d’armenti, Elpin d’agni e capretti,
pastor, co’ capei biondi ambi e ritorti
ed ambi pronti a cantar a vicenda,
sprezzan ogni fatica
per farmi a loro amica;
75ma nulla sia che del tuo amor m’incenda;
ch’io, Selvaggio, per te curarei poco
non Tirsi o Elpino, ma Narciso e Croco. —

     — E me — rispond’io — Nisa ancor ritrova,
ed Alba, e l’una e l’altra
80mi chiede e prega che di sé mi caglia;
giovenette ambe, ognuna bella e scaltra,
e non mai stanche di ballar a prova:
Nisa, sanguigna di color, aguaglia
le rose e i fior vermigli;
85Alba, i ligustri gigli,
ma altra arme non fia mai con che m’assaglia
Amor, né altri legami al cor mi stringa,
se ben tornasse ancor Dafne e Siringa. —