e che si brama spesso 35quel che ’l passo ci serra
a pensar d’onestate e di salute;
onde io perché si mute
stato nel core, e chi dentro governa
sempre il ver non discerna, 40del mio saldo voler giá non mi muovo;
che da le oneste luci,
fide al mio viver duci,
muove un piacer pur al membrar si nuovo,
che di lui piú m’accendo 45quanto piú nel parlar di voi m’estendo.
E se ’l grave mio velo
il conoscer piú avante
del vostro esser gentil non mi vietasse,
né Amor credo nel cielo 50fôra di grazie tante
mai sí cortese a chi nel mondo intrasse,
che di par non andasse
col suo bel stato l’alta mia ventura;
ma la luce, che oscura 55e men degna d’onor, fa parer quale
fra noi prima si tiene,
mia virtú non sostiene,
voi perché santa, e io cosa mortale;
pur quel poco ch’io veggio 60si contenta ’l desir che piú non chieggio.
Poi perché mai non vegna
ch’habbi intera allegrezza,
interompe il timor tanta mia gioia,
ma se ’l mio cor non sdegna 65vostra nobile altezza,
né si obscura fortuna unqua l’annoia,
forse ’nanzi ch’io muoia
vedrò ancor voi dolce pietade aprire,
la qual mi porga ardire 70a pregar sol, poi che ’l disio mi sprona,
che non agiate a schivo
se di voi parlo e scrivo,
per quel che dentro Amor meco ragiona,