Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/74

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68 iv - capitoli

     175E con parlar non fra li denti oscuro,
ma chiaro e aperto, mormorando in onta
e d’Obizzo e d’Italia va sicuro.
     Al cavallier da Este per ciò monta
il sdegno e l’ira; e di novo al cospetto
180del giustissimo re con lui s’affronta.
     E dice: — Carbilan, se ti è in dispetto
che per ir contra ad Aramon audace
m’abbia a miei prieghi il signor nostro eletto,
     e se perciò ostinato e pertinace
185tu pruovi dir che quest’onor non merti,
e che di me tu ne sia piú capace,
     dico che tu ne menti; e sostenerti
voglio con l’arme ch’in alcuna prova
meglior omo di me non dèi tenerti.
     190E perché quest’error da te si muova,
ch’ad intender ti dai ch’a tua possanza
e tua destrezza par non si ritruova,
     proviamo in questo tempo che n’avanza
di qui alla fin d’april qual di noi deggia
195metter in campo il re con piú baldanza.
     E s’altro ancor, o di tua o d’altra greggia,
dice che piú la pugna li convegna
ch’a me, fra questo termine mi cheggia. —
     Così diss’egli: or forza è che sostegna
200Carbilan il suo detto e ad altro gioco
che di parole e di minacce vegna.
     Il re, da prieghi vinto, se ben poco
ne par restar contento, pur né tolle
la pugna lor, né niega ad essa il loco.
     205Ma non che fusse la querela vuolle
qual nazion, l’italica o la franca,
sia piú robusta o qual d’esse piú molle,
     ma che ciascun per sé abbia piú franca
persona o piú gagliarda non repugna
210che mostri, e per ciò lor dá piazza franca;
     e si serba anco di partir la pugna.