Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/79

Da Wikisource.

iv - capitoli 73

V

Una fiera tempesta lo ha sorpreso durante il viaggio che lo porta lungi dalla sua donna; ma piú furiosa e piú lunga la tempesta che lo aspetta al termine del faticoso cammino, per espiazione della sua imprudente partenza.

     Meritamente ora punir mi veggio
del grave error che a dipartirmi feci
da la mia donna, e degno son di peggio;
     ben saggio poco fui, ch’all’altrui preci,
5a cui deve’ e potei chiuder l’orecchi,
piú ch’al mio desir proprio satisfeci.
     S’esser può mai che contra lei piú pecchi,
tal pena sopra me subito cada
che nel mio essempio ogni amator si specchi,
     10Deh! che spero io, che per sí iniqua strada,
sí rabbiosa procella d’acque e venti,
possa esser degno che a trovar si vada?
     Arroge il pensar poi da chi m’absenti,
che travaglio non è, non è periglio
15che piú mi stanchi o che piú mi spaventi.
     Pentomi, e col pentir mi meraviglio
com’io potessi uscir sí di me stesso,
ch’io m’appigliasse a questo mal consiglio.
     Tornar a dietro ormai non m’è concesso,
20né mirar se mi giova o se mi offende;
licito fora piú quel c’ho promesso.
     Mentre ch’io parlo, il turbid’austro prende
maggior possanza, e cresce il verno e sciolto
da ruinosi balzi il liquor scende;
     25di sotto il fango, e quinci e quindi il folto
bosco mi tarda; e in tanto l’aspra pioggia
acuta piú che stral mi fere il volto.