Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/50

Da Wikisource.
44 canto


36
     cosí furendo il Saracin bizzarro
si volge al nano, e dice: — Or lá t’invia; —
e non aspetta né destrier né carro,
e non fa motto alla sua compagnia.
Va con piú fretta che non va il ramarro,
quando il ciel arde, a traversar la via.
Destrier non ha, ma il primo tor disegna,
sia di chi vuol, ch’ad incontrar lo vegna.

37
     La Discordia ch’udí questo pensiero,
guardò, ridendo, la Superbia, e disse
che volea gire a trovare un destriero
che gli apportasse altre contese e risse;
e far volea sgombrar tutto il sentiero,
ch’altro che quello in man non gli venisse:
e giá pensato avea dove trovarlo.
Ma costei lascio, e torno a dir di Carlo.

38
     Poi ch’al partir del Saracin si estinse
Carlo d’intorno il periglioso fuoco,
tutte le genti all’ordine ristrinse.
Lascionne parte in qualche debol loco:
adosso il resto ai Saracini spinse,
per dar lor scacco, e guadagnarsi il giuoco;
e gli mandò per ogni porta fuore,
da San Germano infin a San Vittore.

39
     E commandò ch’a porta San Marcello,
dov’era gran spianata di campagna,
aspettasse l’un l’altro, e in un drappello
si ragunasse tutta la compagna.
Quindi animando ognuno a far macello
tal, che sempre ricordo ne rimagna,
ai lor ordini andar fe’ le bandiere,
e di battaglia dar segno alle schiere.