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decimonono 87


12
     E se pur pascer vòi fiere et augelli,
che ’n te il furor sia del teban Creonte,
fa lor convito di miei membri, e quelli
sepelir lascia del figliuol d’Almonte. —
Cosí dicea Medor con modi belli,
e con parole atte a voltare un monte;
e sí commosso giá Zerbino avea,
che d’amor tutto e di pietade ardea.

13
     In questo mezzo un cavallier villano,
avendo al suo signor poco rispetto,
ferí con una lancia sopra mano
al supplicante il delicato petto.
Spiacque a Zerbin l’atto crudele e strano;
tanto piú, che del colpo il giovinetto
vide cader sí sbigottito e smorto,
che ’n tutto giudicò che fosse morto.

14
     E se ne sdegnò in guisa e se ne dolse,
che disse: — Invendicato giá non fia! —
e pien di mal talento si rivolse
al cavallier che fe’ l’impresa ria:
ma quel prese vantaggio, e se gli tolse
dinanzi in un momento, e fuggí via.
Cloridan, che Medor vede per terra,
salta del bosco a discoperta guerra.

15
     E getta l’arco, e tutto pien di rabbia
tra gli nimici il ferro intorno gira,
piú per morir, che per pensier ch’egli abbia
di far vendetta che pareggi l’ira.
Del proprio sangue rosseggiar la sabbia
fra tante spade, e al fin venir si mira;
e tolto che si sente ogni potere,
si lascia a canto al suo Medor cadere.