Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/125

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trentesimosettimo 119


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     Mi duol di non vedere in questa morte
il sacrificio mio tutto perfetto:
che s’io ’l poteva far di quella sorte
ch’era il disio, non avria alcun difetto.
Di ciò mi scusi il dolce mio consorte:
riguardi al buon volere, e l’abbia accetto;
che non potendo come avrei voluto,
io t’ho fatto morir come ho potuto.

73
     E la punizïon che qui, secondo
il desiderio mio, non posso darti,
spero l’anima tua ne l’altro mondo
veder patire; et io starò a mirarti. —
Poi disse, alzando con viso giocondo
i turbidi occhi alle superne parti:
— Questa vittima, Olindro, in tua vendetta
col buon voler de la tua moglie accetta;

74
     et impetra per me dal Signor nostro
grazia, ch’in paradiso oggi io sia teco.
Se ti dirá che senza merto al vostro
regno anima non vien, di’ ch’io l’ho meco;
che di questo empio e scelerato mostro
le spoglie opime al santo tempio arreco.
E che merti esser puon maggior di questi,
spenger sí brutte e abominose pesti? —

75
     Finí il parlare insieme con la vita;
e morta anco parea lieta nel volto
d’aver la crudeltá cosí punita
di chi il caro marito le avea tolto.
Non so se prevenuta, o se seguita
fu da lo spirto di Tanacro sciolto:
fu prevenuta, credo; ch’effetto ebbe
prima il veneno in lui, perché piú bebbe.