Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/145

Da Wikisource.

trentesimottavo 139


28
     sí che non pur la gente che gli chiede
per muover guerra al regno di Biserta,
ma centomila sopra gli ne diede,
e gli fe’ ancor di sua persona offerta.
La gente a pena, ch’era tutta a piede,
potea capir ne la campagna aperta;
che di cavalli ha quel paese inopia,
ma d’elefanti e de camelli copia.

29
     La notte inanzi il dí che a suo camino
l’esercito di Nubia dovea porse,
montò su l’ippogrifo il paladino,
e verso mezzodí con fretta corse,
tanto che giunse al monte che l’austrino
vento produce, e spira contra l’Orse.
Trovò la cava, onde per stretta bocca,
quando si desta, il furïoso scocca.

30
     E come raccordògli il suo maestro,
avea seco arrecato un utre vòto,
il qual, mentre ne l’antro oscuro alpestro,
affaticato dorme il fiero Noto,
allo spiraglio pon tacito e destro:
et è l’aguato in modo al vento ignoto,
che, credendosi uscir fuor la dimane,
preso e legato in quello utre rimane.

31
     Di tanta preda il paladino allegro,
ritorna in Nubia, e la medesma luce
si pone a caminar col popul negro,
e vettovaglia dietro si conduce.
A salvamento con lo stuolo integro
verso l’Atlante il glorïoso duce
pel mezzo vien de la minuta sabbia,
senza temer che ’l vento a nuocer gli abbia.