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trentesimoterzo 11


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     Di qua la Francia, e di lá il campo ingrossa
la gente ispana; e la battaglia è grande.
Cader si vede e far la terra rossa
la gente d’arme in amendua le bande.
Piena di sangue uman pare ogni fossa:
Marte sta in dubbio u’ la vittoria mande.
Per virtú d’un Alfonso al fin si vede
che resta il Franco, e che l’Ispano cede,

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     e che Ravenna saccheggiata resta.
Si morde il papa per dolor le labbia,
e fa da’ monti, a guisa di tempesta,
scendere in fretta una tedesca rabbia,
ch’ogni Francese, senza mai far testa,
di qua da l’Alpe par che cacciat’abbia,
e che posto un rampollo abbia del Moro
nel giardino onde svelse i Gigli d’oro.

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     Ecco torna il Francese: eccolo rotto
da l’infedele Elvezio ch’in suo aiuto
con troppo rischio ha il giovine condotto,
del quale il padre avea preso e venduto.
Vedete poi l’esercito, che sotto
la ruota di Fortuna era caduto,
creato il novo re, che si prepara
de l’onta vendicar ch’ebbe a Novara:

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     e con migliore auspizio ecco ritorna.
Vedete il re Francesco inanzi a tutti,
che cosí rompe a’ Svizzeri le corna,
che poco resta a non gli aver distrutti:
sí che ’l titolo mai piú non gli adorna,
ch’usurpato s’avran quei villan brutti,
che domator de’ principi, e difesa
si nomeran de la cristiana Chiesa.