Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/269

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quarantesimoterzo 263


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     Se d’avarizia la tua donna vinta
a voler fede romperti fu indutta,
non t’ammirar: né prima ella né quinta
fu de le donne prese in sí gran lutta;
e mente via piú salda ancora è spinta
per minor prezzo a far cosa piú brutta.
Quanti uomini odi tu, che giá per oro
han traditi padroni e amici loro?

49
     Non dovevi assalir con sí fiere armi,
se bramavi veder farle difesa.
Non sai tu, contra l’oro, che né i marmi
né ’l durissimo acciar sta alla contesa?
Che piú fallasti tu a tentarla parmi,
di lei che cosí tosto restò presa.
Se te altretanto avesse ella tentato,
non so se tu piú saldo fossi stato. —

50
     Qui Rinaldo fe’ fine, e da la mensa
levossi a un tempo, e domandò dormire;
che riposare un poco, e poi si pensa
inanzi al dí d’un’ora o due partire.
Ha poco tempo, e ’l poco c’ha, dispensa
con gran misura, e invan nol lascia gire.
Il signor di lá dentro, a suo piacere,
disse, che si potea porre a giacere;

51
     ch’apparecchiata era la stanza e ’l letto
ma che se volea far per suo consiglio,
tutta notte dormir potria a diletto,
e dormendo avanzarsi qualche miglio.
— Acconciar ti farò (disse) un legnetto,
con che volando, e senz’alcun periglio
tutta notte dormendo vo’ che vada,
e una giornata avanzi de la strada. —