Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/274

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268 canto


68
     La somma fu del lor ragionamento,
che colui malaccorto era ben stato,
che ne la moglie sua l’esperimento
maggior che può far donna, avea tentato;
che quella che da l’oro e da l’argento
difende il cor di pudicizia armato,
tra mille spade via piú facilmente
difenderallo, e in mezzo al fuoco ardente.

69
     Il nocchier suggiungea: — Ben gli dicesti,
che non dovea offerirle sí gran doni;
che contrastare a questi assalti e a questi
colpi non sono tutti i petti buoni.
Non so se d’una giovane intendesti
(ch’esser pò che tra voi se ne ragioni),
che nel medesmo error vide il consorte,
di ch’esso avea lei condannata a morte.

70
     Dovea in memoria avere il signor mio,
che l’oro e ’l premio ogni durezza inchina;
ma, quando bisognò, l’ebbe in oblio,
et ei si procacciò la sua ruina.
Cosí sapea lo esempio egli, com’io,
che fu in questa cittá di qui vicina,
sua patria e mia, che ’l lago e la palude
del rifrenato Menzo intorno chiude:

71
     d’Adonio voglio dir, che ’l ricco dono
fe’ alla moglie del giudice, d’un cane. —
— Di questo (disse il paladino) il suono
non passa l’Alpe, e qui tra voi rimane;
perché né in Francia, né dove ito sono,
parlar n’udi’ ne le contrade estrane:
sí che di’ pur, se non t’incresce il dire:
che volentieri io mi t’acconcio a udire. —