Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/294

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288 canto


148
     Quivi non era Federico allora,
né l’Issabetta, né ’l buon Guido v’era,
né Francesco Maria, né Leonora,
che con cortese forza e non altiera
avesse astretto a far seco dimora
sí famoso guerrier piú d’una sera;
come fêr giá molti anni, et oggi fanno
a donne e a cavallier che di lá vanno.

149
     Poi che quivi alla briglia alcun nol prende,
smonta Rinaldo a Cagli alla via dritta.
Pel monte che ’l Metauro o il Gauno fende,
passa Apennino, e piú non l’ha a man ritta;
passa gli Ombri e gli Etrusci, e a Roma scende;
da Roma ad Ostia; e quindi si tragitta
per mare alla cittade a cui commise
il pietoso figliuol l’ossa d’Anchise.

150
     Muta ivi legno, e verso l’isoletta
di Lipadusa fa ratto levarsi;
quella che fu dai combattenti eletta,
et ove giá stati erano a trovarsi.
Insta Rinaldo, e gli nocchieri affretta,
ch’a vela e a remi fan ciò che può farsi;
ma i venti avversi e per lui mal gagliardi,
lo fecer, ma di poco, arrivar tardi.

151
     Giunse ch’a punto il principe d’Anglante
fatta avea l’utile opra e glorïosa:
avea Gradasso ucciso et Agramante,
ma con dura vittoria e sanguinosa.
Morto n’era il figliuol di Monodante;
e di grave percossa e perigliosa
stava Olivier languendo in su l’arena,
e del piè guasto avea martíre e pena.