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168 satira seconda.

189Posso, e senza rossor, far, di mia gente1
     Ma perchè cinque soldi da pagarte,
Tu che noti, non ho, rimetter voglio
192La mia favola al loco onde si parte.2
     Aver cagion di non venir mi doglio;
Detto ho la prima, e s’io vuò l’altre dire,
195Nè questo basterà nè un altro foglio.
     Pur ne dirò anco un’altra: che patire
Non debbo che, levato ogni sostegno,
198Casa nostra in ruina abbia a venire.
     De’ cinque che noi siam, Carlo3, è nel regno
Onde cacciare i Turchi il mio Cleandro,4
201E di starvi alcun tempo fa disegno:
     Galasso vuol nella città di Evandro
Por la camicia sopra la guarnaccia:5
204E tu sei col signore6 ito, Alessandro.
     Ècci Gabriel, ma che vuoi tu ch’ei faccia?
Chè da fanciullo la sua mala sorte
207Lo impedì delli piedi e delle braccia.7
     Egli non fu nè in piazza mai nè in corte;
Ed a chi vuol ben reggere una casa,
210Questo si può comprendere che importe.
     Alla quinta sorella8 che è rimasa,


  1. Costruiscasi: Posso, senza imparar nuova arte, e senza rossore di mia gente, far (passare) nei beni paterni il rimanente del viver mio. — (Molini.)
  2. Il Barotti ci diede l’interpretazione di questi versi, ricordando quel passo dell’Ercolano del Varchi, ove è detto: «A chi aveva cominciato alcun ragionamento, poi entrato in un altro, non si ricordava più di tornare a bomba e fornire il primo, pagava già un grosso; il qual grosso non valeva per avventura in quel tempo più che quei cinque soldi che si pagano oggi.»
  3. Uno dei fratelli del poeta.
  4. Intende per mio Cleandro quello tra i personaggi della Commedia I Suppositi, che l’autore fa fuggire da Otranto quando fu presa dai Turchi; e, conseguentemente, per regno, quello di Napoli.
  5. Di Galasso, altro dei fratelli di Lodovico, possono vedersi notizie nel Baruffaldi, a pag. 40-41. Il poeta allude scherzosamente, com’altri spiegarono, al roccetto, corta veste di tela bianca che i prelati e canonici portano sopra la veste talare.
  6. Col cardinale.
  7. Gabriele, il maggiore dopo Lodovico, tra i figliuoli di Niccolò, fu rattratto della persona, e coltivò egli pure le belle lettere e la poesia. Siamo a lui debitori di aver compiuta la Scolastica, come dovrà avvertirsi a suo luogo; e di molte notizie intorno alla sua famiglia, tramandateci ne’ suoi versi latini. Il Baruffaldi ne parla in più luoghi della sua Vita di Lodovico ec., e in ispecie a pag. 38-40. Morì in Ingolstadt nel 1549.
  8. Ignorasi il nome della quinta sorella del Poeta, Le altre furono Laura, Taddea, Virginia e Dorotea. Baruffaldi, Vita ec., pag. 25-26.