Pagina:Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu/207

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178 satira terza.

267Reputa aver in lei dominio e regno.
     Cerca di soddisfarle ove proterva
Non sia la sua domanda; e, compiacendo,
270Quanto più amica puoi te la conserva.
     Che tu la lasci far, non ti commendo,
Senza saputa tua, ciò ch’ella vuole:
273Che mostri non fidarti, anco riprendo.
     Ire a conviti e pubbliche carole
Non le vietar, nè alli suoi tempi a chiese,
276Dove ridur la nobiltà si suole.
     Gli adúlteri nè in piazza nè in palese,
Ma in casa di vicini di commatri,
279Balie e tal genti,1 han le lor reti tese.
     Abbile sempre, ai chiari tempi e agli atri,
Dietro il pensier, nè la lasciar di vista;
282Che ’l bel rubar suol far gli uomini latri.
     Studia che compagnía non abbia trista:
A chi ti vien per casa abbi avvertenza;
285Chè fuor non temi, e dentro il mal consista:
     Ma studia farlo cautamente, senza
Saputa sua; chè si dorría a ragione,
288Se in te sentisse questa diffidenza.
     Lévale, quanto puoi, la occasïone
D’esser puttana; e pur se avvien che sia,
291Almen ch’ella non sia per tua cagione.
     Io non so la miglior di questa via
Che già t’ho detta, per schivar che in preda
294Ad altri la tua donna non si dia.
     Ma s’ella n’avrà voglia, alcun non creda
Di ripararci: ella saprà ben come
297Far ch’al suo inganno il tuo consiglio ceda.
     Fu già un pittor, Galasso era di nome,2
Che dipinger il diavolo solea
300Con bel viso, begli occhi e belle chiome;
     Nè piei d’augel nè corna gli facea,
Nè facea sì leggiadro nè sì adorno


  1. Non sapendo accomodarci a leggere col Molini tal genii, abbiamo fatta una correzione troppo bene indicataci dai più antichi editori; come il Rolli, il Barotti, ec., i quali così leggono questo verso: «E di tal gente, han le lor reti tese.»
  2. Forse fu questi Galasso Galassi, pittor ferrarese, che fiorì dopo il 1400. — (Tortoli.) — Questa novella però si legge tra le Facezie del Poggio, 133, come accaduta al Filelfo. — (Barotti.)