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90 i suppositi.


Psiteria.     Non può, perch’egli è impacciato.

Crapino.     Fagli l’imbasciata, volto mio bello.

Psiteria.     Deh, capestro, io ti dico ch’egli è impacciato.

Crapino.     E tu sei impazzata: è un gran fatto dirgli una parola?

Psiteria.     Ben sai che gli è gran fatto, ghiotto fastidioso.

Crapino.     O asina indiscreta!

Psiteria.     Oh! ti nasca la fistula, ribaldello, chè tu sarai impiccato ancora.

Crapino.     E tu sarai bruciata, brutta strega, se il cancaro non ti mangia prima.

Psiteria.     Se mi t’accosti, ti darò una bastonata.

Crapino.     S’io piglio un sasso, ti spezzerò quella testaccia balorda.

Psiteria.     Or sia in malora. Credo che sia il diavolo che mi viene a tentare.

Erostrato.     Crapino, ritorna a me; che stai tu a contendere? Aimè! ecco Filogono, il vero padron mio, che viene in qua. Non so che mi debbia fare: non voglio che mi veda in questo abito, nè prima ch’io abbia il vero Erostrato ritrovato.


SCENA III.

FILOGONO vecchio, un FERRARESE e LICO servo.


Filogono.     Sii certo, valent’uomo, che come tu dici, è così veramente; che nessuno amor a quel del padre si può agguagliare. A chi m’avesse, già tre anni, detto, non averei creduto che di questa età io mi partissi di Sicilia, ancora che faccenda di grandissima importanza di fuori accaduta mi fusse; ed ora, solo per vedere il mio figliuolo e rimenarlo meco, mi son posto in così lungo e travaglioso viaggio.

Ferrarese.     Tu vi debbi avere patito assai fatica, e mal conveniente alla tua grave età.

Filogono.     Son venuto con certi gentiluomini miei compatriotti, che avevano vóto a Loreto, sin ad Ancona; ed indi a Ravenna in una barca, che pur conducea peregrini, ma con non poco disconcio: da Ravenna poi sin qui venire a contrario di acqua, più m’ha rincresciuto che tutto il resto del cammino.

Ferrarese.     E che mali alloggiamenti vi si truovano!

Filogono.     Pessimi: ma stimo questo una ciancia verso il