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100 | i suppositi. |
ATTO QUINTO.
SCENA I.
EROSTRATO.
Questa pur gran sciagura è stata, che prima che possuto abbia ritrovare Erostrato, così scioccamente nel vecchio padron mio traboccato mi sia, dove mi è convenuto a forza mostrare di non conoscerlo, e contendere con lui, e rispondergli ancora più d’una ingiuriosa parola; tal che, accada quel che vuole di questa cosa, non sarà mai ch’io non l’abbia grandissimamente offeso, e che egli in perpetuo non mi voglia male. Sì che io delibero, se ben dovessi intrare in casa di Damone, parlar con Erostrato incontinente, e rinunziarli il nome e li panni suoi, e di qui fuggirmi più presto che mi sia possibile; nè fin che Filogono viva, mai più ritornare nella sua casa, dove da fanciullo di cinque anni fino a questa età allevato mi sono. Ma ecco Pasifilo, a tempo attissimo per andare colà dentro a fare ad Erostrato sapere ch’io ho bisogno parlargli.
SCENA II.
PASILIFO, EROSTRATO.
Pasifilo. (Due buone ed a me gratissime novelle mi sono state referite: l’una, che Erostrato apparecchia per questa sera un bellissimo convito; l’altra, che egli mi cerca per tutto. Per tôrgli fatica che più non vada per ritrovarmi intorno, e perchè dove copiosamente si mangia e di buono, non è in questa terra chi più di me vi debba intravenire, io vado per vedere se gli è a casa. Ma eccolo, per dio.)
Erostrato. Pasifilo, fammi un piacere, se non ti grava.
Pasifilo. Chi mi può comandare più di te, che per amor tuo intrarei nel fuoco? Che ho a fare?
Erostrato. Va lì alla casa di Damone, e batti, e dimanda Dulipo, e digli...
Pasifilo. A Dulipo io non potrò parlare, io ti avviso.
Erostrato. E perchè?