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Pagina:Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu/130

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120 la cassaria.

Le medesime voglie e i desiderii
Medesimi che ancor fanciulli avevano;
Così parlan d’amor, così si vantano
Di far gran fatti; non men si profumano,
Che si facesson mai, non meno sfoggiano
Con frappe e con ricami; e per nascondere
L’età, dal mento e dal capo si svellono
Li peli bianchi: alcuni se li tingono;
Chi li fa neri e chi biondi, ma varii
E divisati in due o tre dì ritornano:
Altri i capei canuti, altri il calvizio
Sotto il cuffiotto appiatta; altri con zazzere
Posticcie studia di mostrarsi giovane;
Altri il giorno due volte si fa radere.
Ma poco giova che l’etade neghino,
Quando il viso gli accusa e mostra il numero
Degli anni, a quelle pieghe che s’aggirano
Intorno a gli occhi; a gli occhi che le fodere
Riversan di scarlatto, e sempre piangono;
O a li denti che crollano o che mancano
Loro in gran parte, e forse mancherebbono
Tutti, se con legami e con molt’opera
Per forza in bocca non li ritenessino.
Che pagheríano questi se ’l medesimo
Forse lor fatto, che alla sua Commedia
Ha l’autor fatto? parrebbe lor picciola
Mercede ogni tesoro, ogni gran premio.
Ma s’avesse l’autor della Commedia
Poter di fare alle donne ed a gli uomini
Questo servizio, il quale alla sua favola
V’ho detto ch’egli ha fatto (chè accresciutole
Ha le bellezze, e tutta rinnovatala),
Senz’altro pagamento o altro premio
Lo farebbe a voi, donne; chè desidera
Non men farvi piacer, che a sè medesimo.
Ma molte cose si trovano facili
A far per uno, che sono impossibili
A far per alcun altro. Se in suo arbitrio
Fosse di fare più belli e più giovani
Uomini e donne, come le sue favole,
Avría sè stesso già fatto sì giovane,
Sì bello e grazïoso, che piaciutovi