Pagina:Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu/342

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332 la lena.

Mentre che stanno in questo desiderio,
Non che l’aver, ma il cuor. Fa che possegghino;
Fa l’amor come il fuoco, che spargendovi
Dell’acqua sopra, suol subito spegnersi;
E mancato l’ardor, non ti darebbono
Di mille l’uno, che già ti promesseno.
Per questo voglio ir dentro, ed interrompere
Se alcuna cosa senza me disegnano.
Corbolo, or su, spácciati; tosto arrecagli
Alcuna veste, chè lo possiam mettere
Fuor, mentre l’agio ci abbiamo.
Corbolo.                                                      Anzi pregoti,
Mentre abbiamo agio, fa ch’ei possa mettere
Dentro; e dategli luogo tu e Pacifico.
Lena.In fè di Dio, non farà; ne ti credere
Ch’io gli lassi aver cosa che desideri,
Se prima li danari non mi annovera;
Ed esser guardïana io stessa voglione.
Corbolo.Guardala sì che gli occhi vi rimanghino.
Debb’io patir che Flavio da Licinia
Così si debba partir, senza prenderne
Piacere; ed abbia avuto questo incomodo
Di levarsi che dieci ore non erano;
Di star qui dentro chiuso come in carcere;
D’esser portato con tanto pericolo
Serrato in una botte, come proprio
Fansi l’anguille di Comacchio e i muggini?
Ma che farò, vedendomi contraria
Col becco suo questa puttana femmina,
Con la quale li preghi nulla vagliono,
Nè luogo han le minacce, nè potrebbesi
Usar forza? chè pur troppo è il pericolo
Stando così, senza levar più strepito.
Venticinque fiorini, infin, bisognano,
Nelli qual siamo condennati; e grazia
Non se n’ha a aver, nè voglion darci credito.
Dove trovar li potrò? Far prestarmeli
Sulla fede, è provato, ed è stato opera
Vana: su i pegni non si può, chè Ilario
Nè gli ha intercetti. A lui di nuovo tendere
Un’altra rete, saría temeraria
Impresa: non si lascería più cogliere.