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atto quarto. — sc. i, ii. 399

Fazio.Che di’ tu? Ma con chi parl’io? ove diavolo
Corre costui? Perchè da me sì subito
S’è dileguato? Io credo che farnetichi.


SCENA II.

NIBBIO, FACCHINO e detti.


Temolo.O terra scelerata!
Fazio.                            Di che diavolo
Grida costui?
Temolo.                       Non ci si può più vivere:
Tutta è piena di traditor...
Fazio.                                            Che gridi tu?
Temolo.E d’assassini.
Fazio.                       Chi t’ha offeso?
Temolo.                                                O povero
Gentiluomo!
Fazio.                    Mi par che tu sia...
Temolo.                                                  O Fazio,
Gran pietà!
Fazio.                    Che pietade?
Temolo.                                        Oh caso orribile!
Non m’ho potuto ritener di piangere
Di compassione.
Fazio.                         Di che?
Temolo.                                        Ahimè! d’un povero
Forestier c’ho veduto or ora uccidere
D’una crudel coltellata che datagli
Ha un traditor sul capo, che nel volgere
Del canto lo attendéa.
Fazio.                                   C’hai tu a curartene?
Temolo.Io gli avéa posto amor, perchè dimestico
Era di casa nostra. Conoscevilo
Tu?
Fazio.        Che so io, se prima non lo nomini?
Temolo.Ed io non so se sia spagnuolo, o astrologo,
O negromante: lo chiaman lo astrologo.
Nibbio.Misero me! Che di’ tu dell’astrologo?
Temolo.Oh, non t’aveva visto ancor, non eri tu
Suo servitor? Il tuo padrone pessima-
mente è stato ferito, e credo morto lo