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452 | la scolastica. |
Sto cheta, e veggo Eurialo il capo volgere
Di qua, di là, due volte o tre, e poi correre
A braccia aperte, e porle a quella giovane
Al collo, ed ella a lui, e insieme aggiungersi
Le bocche, che paréan quando due rondini
Imboccan figli.
Claudio. E la madre vedevali?
Stanna.Come voi me. Ma questo è nulla.
Claudio. Abbiamone
Pur troppo, e non vogliam ora più intendere.
Bonifacio.Sta pur intenta, Stanna, e referiscine
Ciò che tu vedi.
Stanna. Volete altro?
Claudio. Eurialo
È in casa?
Stanna. E dove può star meglio?
Bonifacio. Dettoci
Avevi ch’era ito in villa.
Stanna. Puot’essere
Che a Ficaruolo, o di là da Garofalo,
Or sia alla Pelosella...1
Claudio. Per dio, mandala
Via, ch’ella mi distrugge.
Bonifacio. Orsù, non perdere
Tempo, vanne. Ben noi faremo il debito.
Stanna.Sempre il debito è fatto.
Bonifacio. Messer Claudio,
Poichè l’invito e ’l desinar d’Eurialo
È stato qual gli monachetti giovani
Che van digiuni in dormitor, si sognano,
Bisogna far come al caldo le chiocciole;
Del nostro umor in casa nostra vivere:
Sicchè vô ritornare, e far rimettere
Le starne nel schidone.
Claudio. Andate, fatene
Quel che vi par, ch’io per me ho guasto il stomaco,
- ↑ Equivoci da fantesca. Ficaruolo chiamasi una terra del Ferrarese sul Po di Lombardia, alla sinistra. Della villa di Garofalo è parlato nell’atto II, scena 1, dei Suppositi in versi (pag. 233). Pelosella, nome corrotto in grazia dell’equivoco da Polesella, villaggio ancor esso sulla sinistra del Po sopraddetto, poco sotto a Garofalo, entro al Polesine di Rovigo; che tuttavía nelle antiche carte trovasi detta, Pellesella e Pelosella. — (Barotti.)