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Pagina:Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu/494

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484 la scolastica.

In fè di Dio, che credo che mi sanguini,
S’io mi vi guardo; e m’ha fatto le lucciole
Veder, se ben è giorno. Ma gastigalo,
Castigal pure. Hai inteso le belle opere
Sue, che dicéa che queste eran le femmine,
Moglie e figliuola, di quel messer Lazzaro?
Credéa d’aver a far con qualche bufalo.
Bartolo.Chi dunque sono? Questa è un’altra istoria.
Stanna.(Misera me, non foss’io nata, misera,
Al mondo mai! chè1 stroppiaràmmi Eurialo
Meritamente, chè fuor di proposito
Ho discoperto il suo segreto!)
Bartolo.                                                  Seguita
Pur, Stanna, perchè intender vô l’istoria
Tutta.
Stanna.          Ti dico che non vô procedere
Più oltre; ho detto più che a sufficienzia:
So che me n’avverrà qualche fastidio.
Bartolo.Séguita, e non mi trar a maggior collera,
Ch’io non ti faccia come ho fatto a Accursio.
Non hai più tempo da poter ascondermi
Quel che tu sai.
Stanna.                          Io dirò dunque. Scusami,
Eurialo, chè sforzata ho discopertoti.
Bartolo.Di’ pur come ti piace. Questa è solita
Scusa nelle disgrazie delle femmine;
Che sian sforzate: anco tu puoi servirtene.
Dimmi come non son di messer Lazzaro
Queste due donne: onde lo puoi comprendere?
Stanna.Io tel dirò: pur ora la Maurizia,
Fantesca del vicin qui Bonifacio,
In segreto m’ha detto, che alloggiatisi
Sono con essi questi che aspettávamo
In casa nostra; ma che ne stia tacita:
Ed ha specificato il nome proprio
Di questo messer Lazzaro.
Bartolo.                                             È possibile?
Stanna.Holli veduti tutti; egli è certissimo:
Madre, figliuola e fante. Ma non eri tu


  1. G. A. e le stampe: Non foss’io al mondo nata, misera, Chè a questa volta ec.