Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/173

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 [20]
Quiui il crudo tyrano Amor: che femp
     D’ ogni promeſſa ſua ſu c’ideale,
     E ſempre guarda come inuolua e ſtépre
     Ogni noſtro diſegno rationale,
     Muto con triſte e dishoneſte tempre
     Mio còforto in dolor, mio bene in male:
     Che quell’amico in chi Zerbin ſi crede,
     Di delire arſe, & agghiaccio di fede.

 [21]
O ch m’haueſſe í mar bramata anchora
     Ne foſſe ſtato a dimoſtrarlo ardito,
     O cominciarli il deſiderio allhora
     Che l’agio v’ hebbe dal ſolingo lito,
     Diſegno quiui ſenza piú dimora
     Condurre a ſin l’ingordo ſuo appetito,
     Ma prima da ſé torre vn de li dui
     Che nel battei campati eran con nui.

 [22]
Quell’era homo di Scotia Almoio detto
     Che moſtraua a Zerbin portar gra fede
     E cómendato per guerrier perfetto
     Da lui ſu, quando ad Odorico il diede,
     Diſſe a coſtui che biaſmo era e difetto,
     Se mi traheano alla Rocella a piede,
     E lo prego ch’inanti voleſſe ire
     A farmi incontra alcun ronzin venire.

 [23]
Almonio che di ciò nulla temea
     Immantinente inanzi il camin piglia
     Alla citta ch’el boſco ci aſcondea:
     E non era lontana oltra fei miglia,
     Odorico ſcoprir ſua voglia rea
     All’altro ſinalmente ſi conſiglia:
     Si perche tor non ſé lo fa d’appreffo,
     Si pche hauea gran confidentia in eſſo.

 [24]
Era Corebo di Bilbao nomato
     Quel di ch’io parlo, che co noi rimaſe:
     Che da fanciullo picciolo allenato
     S’era con lui ne le medeſme caſe,
     Poter con lui comunicar l’ingrato
     Penſiero, il Traditor ſi perſuaſe,
     Sperando ch’ad amar faria piú preſto
     Il piacer de l’amico, che l’honeſto.

 [25]
Corebo che gentile era e corteſe,
     Non lo potè aſcoltar ſenza gra ſdegno:
     Lo chiamo traditore, e gli conteſe
     Con parole e con fatti il rio diſegno,
     Grade ira all’úo e all’altro il core acceſe
     E con le ſpade nude ne ſer ſegno,
     Al trar de ferri, io ſui da la. paura
     Volta a ſuggir per l’alta ſelua oſcura.

 [26]
Odorico che maſtro era di guerra
     In pochi colpi a tal vantaggio venne,
     Che per morto laſcio Corebo in terra,
     E per le mie veſtigie il camin tenne,
     Preſtogli Amor (ſel mio creder no erra)
     Accio poteſſe giungermi le penne,
     E gl’inſegno molte luſinghe, e prieghi,
     Con ch ad amarlo e còpiacer mi pieghi.

 [27]
Ma tutto e indarno, che fermata e certa
     Piú toſto era a morir ch’a ſatisfarli
     Poi ch’ogni priego, ogni luſinga eſperta
     Hebbe e minaccie, e nò potean giouarli,
     Si riduſſe alla ſorza a faccia aperta:
     Nulla mi vai che ſupplicando parli
     De la ſé e’ hauea in lui Zerbino hauuta,
     E ch’io ne le ſu e man m’era creduta.