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Trono tutto il contrario al ſuo penſiero
In queſta parte il Re de Saracini,
Perche in perſona il capo de l’Impero
V’era Re Carlo, e de ſuoi Paladini
Re Salamone, & il Daneſe Vgiero:
Et ambo i Guidi, & ambo gli Angelini:
E’l Duca di Bauera, e Ganelone
E Berlégier, e Auolio, e Auío, e Othone.
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Gente inſinita poi di minor conto
De Franchi de Tedeſchi e de Lombardi
Preſente il ſuo Signor ciaſcuno pronto
A farſi riputar ſra i piú gagliardi.
Di queſto altroue io vo renderui conto
Ch’ ad vn gra Duca e ſorza ch’io riguardi
llqual mi grida, e di lotano accenna
E priega ch’io noi laſci ne la penna,
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Glie tempo ch’io ritorni oue laſciai
L’auenturofo Aſtolfo d’Inghilterra
Che’l liigo eſilio hauédo í odio hormai
Di deſiderio ardea de la ſua terra:
Come gli n’hauea data pur assai
Speme colei ch’Aitine vinſe in guerra,
Ella di rimandaruilo li. uhm cura
Per la via piú eſpedita e piú ſicura.
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E coſi vna Galea ſu apparechiata
Di che miglior mai non ſolco marina,
E perche ha dubbio pur tutta ſiata
Che non gli turbi il ſuo viaggio Alcina,
Vuol Logiſtilla che con ſorte armata
Andronica ne vada e Sophroſina
Tanto che nel mar d’Arabi, o nel golſo
De Perſi, giunga a ſaluamento Aſtolfo.
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Piú toſto vuol che volteggiando rada
Gli Scythi, & gl’Indi e i regni Nabathei
E torni poi per coſi lunga ſtrada
A ritrouare i Perſi e gli Herythrei,
Che per quel Boreal Pelago vada
Che turban ſempre iniqui venti e rei:
E ſi, qualche ſtagion, pouer di Sole
Che ſtarne ſenza alcuni meſi ſuole.
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La Fata poi che vide acconcio il tutto
Diede licentia al Duca di partire,
Hauendol prima ammaeſtrato e iſtrutto
Di coſe assai che ſora lungo a dire.
E per ſchiuar che non ſia piú ridutto
Per arte maga onde non poſſa vſcire,
Vn bello & vtil libro gli hauea dato
Ch p ſuo amo? haueſſe ogn’hora allato.
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Come V huom riparar debba agl’incanti
Moſtra il libretto che cortei gli diede,
Doue ne tratta o piú dietro o piú inanti
Per rubrica e per indice ſi vede,
Vn’ altro don gli fece anchor, che quanti
Doni fur mai, di gran vataggio eccede,
E queſto ſu d’horribil ſuono vn corno
Che fa fugire ognun che l’ode intorno.
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Dico che’l corno e di ſi horribil ſuono
Ch’ouunqj s’oda fa ſuggir la gente,
Nò può trouarſi al mòdo vn cor ſi buono
Che poſſa non ſuggir come lo ſente,
Rumor di vèto e di termuoto, e’l tuono,
A par del ſuon di queſto, era niente,
Con molto riferir di gratie, preſe
Da la Fata licentia il buono Ingleſe,