Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/213

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 [14]
Non pur di ſua perfidia non riprende
     Griphon la donna iniqua piú che bella,
     Non pur vendetta di colui non prende
     Che fatto s’ era adultero di quella,
     Ma gli par far assai ſé ſi difende
     Che tutto il biaſmo in lui no riuerſi ella,
     E come foſſe ſuo cognato vero
     D’ accarezzar non ceſſa il caualliero.

 [15]
E con lui ſé ne vien verſo le porte
     Di Damaſco, e da lui ſente tra via
     Che la dentro douea ſplendida corte
     Tenere il ricco Re de la Soria,
     Et ch’ognun quiui, di qualunque ſorte
     O ſia Chriſtiano, o d’ altra legge ſia
     Dentro e di ſuori ha la citta ſicura
     Per tutto il tempo che la feſta dura.

 [16]
Non perho ſon di ſeguitar ſi intento
     L’hiſtoria de la perfida Horigille,
     Ch’a giorni ſuoi, non pur’ un tradimento
     Fatto a gliamati hauea, ma mille e mille,
     Ch’io non ritorni a riueder dugento
     Mila perſone, o piú de le ſcintille
     Del fuoco ſtuzzicato, oue alle mura
     Di Parigi facean danno e paura.

 [17]
Io vi laſciai come adattato hauea
     Agramante vna porta de la terra
     Che trouar ſenza guardia ſi credea:
     Ne piú riparo altroue il paſſo ferra,
     Perche in perſona Carlo la tenea,
     Et hauea ſeco i maſtri de la guerra
     Duo Guidi, duo Angelini, vno Angeliero
     Auino, Auolio, Ottone, e Berlingiero.

 [28]
Inanzi a Carlo, inanzi al Re Agramante
     l’un ſtuolo e l’altro ſi vuol far vedere.
     Oue gran loda, oue merce abondante
     Si può acquiſtar, facendo il ſuo douere,
     I Mori non perho ſer pruoue tante
     Ch par riſtoro al dano habbiao hauere,
     
 [10]Perche ve ne reſtar morti parecchi
     Ch’ a glialtri fur di ſolle audacia ſpecchi

 [29]
Grandine ſembran le ſpeſſe ſaette
     Dal muro fopra gli’nimici ſparte
     II grido infin’al ciel paura mette
     Che fa la noſtra, e la contraria parte,
     Ma Carlo vn poco, & Agramate aſpette
     Ch’io vo cantar de l’Africano Marte
     Rodomonte terribile & horrendo
     Che va per mezo la citta correndo.

 [30]
Non ſo Signor ſé piú vi ricordiate
     Di queſto Saracin tanto ſicuro,
     Che morte le ſue genti hauea laſciate
     Tra il fecondo riparo e’l primo muro:
     Da la rapace ſiamma deuorate
     Che non ſu mai ſpettacolo piú oſcuro,
     Diſſi ch’entro d’un ſalto ne la terra
     Sopra la ſoſſa che la cinge e ferra,

 [31]
Quando ſu noto il Saracino atroce
     All’arme iſtrane alla ſcagliofa pelle
     La doue i vecchi, e’l popul men feroce
     Tendean l’orecchie a tutte le nouelle,
     Leuoſſi vn piato, vn grido, vn’ alta voce
     Co vn batter di man ch’andò alle ſtelle,
     E chi potè ſuggir non vi rimaſe
     Per ferrarfi ne templi e ne le caſe.