Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/223

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 [4]
     A cui non par c’habbi’a baſtar lor fame,
     C’habbi’i! lor ventre a capir tata carne,
     E chiaman Lupi di piú ingorde brame
     Da boſchi oltramontani a diuorarne,
     Di Traſimeno l’infepulto oſſame
     E di Cane e di Trebia poco panie
     Verſo quel che le ripe e i campi ingraſſa
Dou’Ada e Mella, e Reco, e Tarro paſſa

 [5]
Hor Dio conſente che noi ſian puniti
     Da populi di noi ſorſè peggiori,
     Per li multiplicati & inſiniti
     Noſtri neſandi obbrobrioſi errori,
     Tempo verrá, ch’a depredar lor liti
     Andremo noi, ſé mai faren migliori,
     E che i peccati lor giungano al ſegno
     Che l’eterna bontá muouano a ſdegno.

 [6]
Doueano allhora hauer gli ecceſſi loro
     Di Dio turbata la ſerena ſronte,
     Ch ſcorſe ogni lor luogo il Turco e’l Moro
     Con ſtupri, vcciſion, rapine, & onte
     Ma piú di tutti glialtri danni, ſoro
     Grauati dal furor di Rodomonte,
     Diſſi e’ hebbe di lui la nuoua Carlo
     E che’n piazza venia per ritrouarlo.

 [7]
Vede tra via la gente ſua troncata
     Arſi i palazzi e minati i templi,
     Gran parte de la terra deſolata,
     Mai non ſi vider ſi crudeli eſempli,
     Doue ſuggite turba ſpauentata,
     Non e tra voi chi’l danno ſuo cótempli ?
     Che citta che refugio piú vi reſta
     Quando ſi perda ſi vilmente queſta?

 [8]
Dunqj vn huom ſolo in voſtra terra pſo
     Cinto di mura onde non può ſuggire:
     Si partirá che non l’haurete oſſeſo
     Quando tutti v’ haura fatto morire?
     Coſi Carlo dicea: che d’ira acceſo
     Tanta vergogna non potea patire.
     E giunſe doue inanti alla gran corte
     Vide il Pagan por la ſua gete a morte.

 [9]
Quiui gran parte era del populazzo
     Sperandoui trouare aiuto, aſceſa,
     E’erche ſorte di mura era il palazzo
     Con munition da far lunga difeſa,
     Rodomonte d’orgoglio e d’ira pazzo
     Solo s’ hauea tutta la piazza preſa
     E l’una man che pzza il mondo poco
     Ruota la ſpada, e l’altra getta il fuoco,

 [10]
E de la regal caſa alta e ſublime
     Percuote e riſuonar fa le gran porte,
     Gettan le turbe da le eccelſe cime
     E merli, e torri, e ſi meton per morte,
     Guaſtare i tetti non e alcun che ſtime,
     E legne, e pietre, vanno ad vna ſorte
     I.aſtre, e colonne, e le dorate traui
     Che ſuro in prezzo agli lor padri e agli aui

 [11]
Sta ſu la porta il Re d’ Algier lucente
     Dichiaro acciar ch’I capo gliarma e’l buſto
     Come vſcito di tenebre ſerpente
     Poi e’ ha laſciato ogni ſqualor vetuſto
     Del nuouo ſcoglio altiero e che ſi ſente
     Ringiouenito e piú che mai robuſto
     Tre lingue vibra, & ha ne gliocchi ſoco
     Douunqj paſſa ogn’ animai da loco