Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/226

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 [28]
Piantare i padiglioni e le cortine
     Fra gliarbori tirar facemo lieti,
     S’apparecchiano i ſuochi e le cucine
     Le menſe d’altra parte in ſu tapeti,
     In tanto il Re cercando alle vicine
     Valli, era andato e a boſchi piú ſecreti
     Se ritrouaſſe capre, o daini, o centi
     E l’arco gli portar dietro duo ſerui.

 [29]
Métre aſpettamo in gran piacer ſedédo,
     Che da cacciar ritorni il Signor noſtro,
     Vedemo l’Orco a noi venir correndo
     Lungo il lito del mar, terribil moſtro,
     Dio vi guardi Signor ch’I viſo horrédo
     Del Orco, a gliocchi mai vi ſia dimoſtro
     Meglio e per fama hauer notitia d’effo
     Ch’ andargli ſi che lo veggiate appreſſo.

 [30]
Non gli può comparir quanto ſia lungo
     Si ſmiſuratamente e tutto groſſo,
     In luogo d’occhi, di color di ſungo
     Sotto la ſronte ha duo coccole d’offo,
     Verſo noi vien (come vi dico) lungo
     Il lito, e par ch’un monticel ſia moſſo,
     Moſtra le zanne ſuor come fa il porco,
     Ha lungo il naſo il ſen bauofo e ſporco.

 [31]
Correndo viene, e’l muſo a guiſa porta
     Che’l bracco ſuol qn entra I ſu la traccia
     Tutti che lo veggiam con faccia ſmorta
     In ſuga andamo, oue il timor ne caccia,
     Poco il veder lui cieco ne conforta
     Quando ſiutando ſol, par che piú faccia
     Ch’altri non fa e’ habbia odorato e lume
     E biſogno al ſuggire eran le piume.

 [32]
Corron chi qua chi la: ma poco lece
     Da lui ſuggir veloce piú che’l Noto,
     Di quaranta perſone, a pena diece
     Sopra il nauilio ſi ſaluaro a nuoto,
     Sotto il braccio vn faſtel d’ alcuni fece
     Ne il grembio ſi laſcio ne il ſeno voto,
     Vn ſuo capace Zaino empiſſene ancho
     Che gli pèdea, come a paſtor dal ſianco.

 [33]
Portoci alla ſua tana il moſtro cieco,
     Cauata in lito al mar dentr’ uno ſcoglio,
     Di marmo coſi bianco e quello ſpeco
     Còe eſſer ſoglia achor no ſcritto ſoglio,
     Quiui habitaua vna Matrona ſeco,
     Di dolor piena in viſta e di cordoglio,
     Et hauea in copagnia donne e donzelle
     d’ogni etá, d’ogni ſorte, e brutte e belle.

 [34]
Era preſſo alla grotta in ch’egli ſtaua,
     Quaſi alla cima del giogo ſuperno
     Vn’ altra non minor di quella caua,
     Doue del gregge ſuo facea gouerno,
     Tanto n’ hauea che non ſi numeraua,
     E n’ era egli il paſtor l’eſtate e’l verno
     A i tépi ſuoi gli apriua, e tenea chiuſo
     Per ſpaffo che n’ hauea, piú che per vſo.

 [35]
l’humana carne meglio gli ſapeua
     E prima il fa veder ch’all’antro arriui.
     Che tre de noſtri giouini e’ haueua,
     Tutti li mangia, anzi trangugia viui,
     Viene alla ſtalla, e vn gran ſaſſo ne leua
     Ne caccia il gregge, e noi riſerra quiui,
     Con quel ſen va doue il ſuol far ſatollo
     Sonado vna zápogna e’ hauea in collo.