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Ma ben mi duol, che queſto per cagione
D’una femina perfida m’auuiene:
A cui non ſo come tu ſia campione
Che troppo al tuo valor ſi diſconuiene:
E quando tu ſapeſſi la cagione
Ch’a vendicarmi di cortei mi mene
Haureſti ogn’ hor che rimèbraffi affanno
D’hauer per campar lei fatto a me dano.
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E ſé ſpirto a baſtanza hauro nel petto
Ch’ io il poſſa dir (ma del cotrario temo)
Io ti faro veder ch’in ogni effetto
Scelerata e coſtei piú ch’in eſtremo
Io hebbi giá vn ſratel che giouinetto
D’Olanda ſi parti, d’onde noi femo
E ſi fece d’ Eraclio caualliero
Ch’allhor tenea de Greci il ſórno ipero.
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Quiui diuenne intrinſeco e fratello
D’un corteſe baron di quella corte,
Ch nei cofin di Seruia hauea vn caſtello
Di ſito ameno e di muraglia ſorte,
Nomoſſi Argeo colui di ch’io fauello
Di queſta iniqua femina conſorte,
La quale egli amo ſi, che paſſo il ſegno
Ch’ a vn huom ſi guenia come lui degno.
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Ma coſtei piú volubile che ſoglia
Qií l’autunno e piú priua d’ humore:
Cbe’l ſreddo vento gli arbori ne ſpoglia
E le ſoſſia dinanzi al ſuo furore,
Yerſo il marito cangio toſto voglia
Che ſiſſo qualche tépo hebbe nel core:
E volſe ogni penſiero ogni diſio
D’acquiſtar per amante il ſratel mio.
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Ma ne ſi ſaldo all’impeto marino
l’Acrocerauno d’ inſamato nome,
Ne ſta ſi duro incontra Borea il Pino
Che rinouato ha piú di cento chiome,
Che q^to appar ſuor de lo ſcoglio alpino
Tanto ſotterra ha le radici, come
II mio fratello a prieghi di coſtei:
Nido de tutti i vitii infandi e rei.
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Hor come auuiene a vn cauallier’ ardito
Che cerca briga e la ritroua ſpeffo,
Fu in vna impreſa il mio ſratel ferito
Molto al cartel del ſuo còpagno appſſo,
Doue venir ſenza aſpettare inuito
Solea, ſorte o non ſorte Argeo con erto:
E dentro a quel per ripoſar fermorte
Tanto che del ſuo mal libero ſorte.
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Mentre egli quiui ſi giacea, conuenne
Ch’in certa ſua biſogna andarte Argeo:
Toſto queſta sfacciata a tentar venne
Il mio fratello, & a ſua vſanza feo,
Ma quel fedel non oltre piú ſoſtenne
Hauere a i ſianchi vn ſtimulo ſi reo:
Elette per ſeruar ſua fede a pieno
l’i molti mal quel che gli parue meno.
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Tra molti mal gli parue elegger qvieſto
Laſciar d’ Argeo l’intriſichezza átiqua:
Lungi andar ſi, che non ſia manifeſto
Mai piu il ſuo nome alla femina iniqua,
Ben che duro gli ſorte, era piu honeſto
Che ſatisfare a quella voglia obliqua:
O ch’accuſar la moglie al ſuo Signore:
Da cui ſu amata a par del proprio core.