Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/297

Da Wikisource.


 [12]
Ma ben mi duol, che queſto per cagione
     D’una femina perfida m’auuiene:
     A cui non ſo come tu ſia campione
     Che troppo al tuo valor ſi diſconuiene:
     E quando tu ſapeſſi la cagione
     Ch’a vendicarmi di cortei mi mene
     Haureſti ogn’ hor che rimèbraffi affanno
     D’hauer per campar lei fatto a me dano.

 [13]
E ſé ſpirto a baſtanza hauro nel petto
     Ch’ io il poſſa dir (ma del cotrario temo)
     Io ti faro veder ch’in ogni effetto
     Scelerata e coſtei piú ch’in eſtremo
     Io hebbi giá vn ſratel che giouinetto
     D’Olanda ſi parti, d’onde noi femo
     E ſi fece d’ Eraclio caualliero
     Ch’allhor tenea de Greci il ſórno ipero.

 [14]
Quiui diuenne intrinſeco e fratello
     D’un corteſe baron di quella corte,
     Ch nei cofin di Seruia hauea vn caſtello
     Di ſito ameno e di muraglia ſorte,
     Nomoſſi Argeo colui di ch’io fauello
     Di queſta iniqua femina conſorte,
     La quale egli amo ſi, che paſſo il ſegno
     Ch’ a vn huom ſi guenia come lui degno.

 [15]
Ma coſtei piú volubile che ſoglia
     Qií l’autunno e piú priua d’ humore:
     Cbe’l ſreddo vento gli arbori ne ſpoglia
     E le ſoſſia dinanzi al ſuo furore,
     Yerſo il marito cangio toſto voglia
     Che ſiſſo qualche tépo hebbe nel core:
     E volſe ogni penſiero ogni diſio
     D’acquiſtar per amante il ſratel mio.

 [16]
Ma ne ſi ſaldo all’impeto marino
     l’Acrocerauno d’ inſamato nome,
     Ne ſta ſi duro incontra Borea il Pino
     Che rinouato ha piú di cento chiome,
     Che q^to appar ſuor de lo ſcoglio alpino
     Tanto ſotterra ha le radici, come
     II mio fratello a prieghi di coſtei:
     Nido de tutti i vitii infandi e rei.

 [17]
Hor come auuiene a vn cauallier’ ardito
     Che cerca briga e la ritroua ſpeffo,
     Fu in vna impreſa il mio ſratel ferito
     Molto al cartel del ſuo còpagno appſſo,
     Doue venir ſenza aſpettare inuito
     Solea, ſorte o non ſorte Argeo con erto:
     E dentro a quel per ripoſar fermorte
     Tanto che del ſuo mal libero ſorte.

 [18]
Mentre egli quiui ſi giacea, conuenne
     Ch’in certa ſua biſogna andarte Argeo:
     Toſto queſta sfacciata a tentar venne
     Il mio fratello, & a ſua vſanza feo,
     Ma quel fedel non oltre piú ſoſtenne
     Hauere a i ſianchi vn ſtimulo ſi reo:
     Elette per ſeruar ſua fede a pieno
     l’i molti mal quel che gli parue meno.

 [19]
Tra molti mal gli parue elegger qvieſto
     Laſciar d’ Argeo l’intriſichezza átiqua:
     Lungi andar ſi, che non ſia manifeſto
     Mai piu il ſuo nome alla femina iniqua,
     Ben che duro gli ſorte, era piu honeſto
     Che ſatisfare a quella voglia obliqua:
     O ch’accuſar la moglie al ſuo Signore:
     Da cui ſu amata a par del proprio core.